Alluvioni e frane in Italia, un territorio da salvare e in fretta

Il territorio italiano è particolarmente fragile anche a causa delle attività antropiche, che ne hanno aumentato di gran lunga la vulnerabilità. Inoltre, il consumo di suolo e gli effetti del cambiamento climatico hanno generato un territorio soggetto sempre più spesso ad alluvioni frane Italia con danni a cose e persone sempre più rilevanti.

Secondo i dati Ispra 18,4% del territorio nazionale pari a 55.609 chilometri quadrati è mappato nelle classi a maggior pericolosità per frane e alluvioni e oltre il 93,9 % dei comuni è interessato a tali fenomeni.

Il problema del rischio connesso ad alluvioni è sicuramente oggi uno dei temi più dibattuti e sottoposti all’attenzione, anche in seguito ai recenti avvenimenti in Toscana ed Emilia-Romagna, che hanno ben messo in evidenza la gravità della situazione nel nostro territorio e le conseguenze dirette che tali fenomeni possono avere su cose e persone.

Eventi che, in realtà, ricordano il problema. Perché se si analizza il passato, anche non troppo lontano, sono numerose le alluvioni con danni evidenti e rilevanti in Italia.

I dati di legambiente

Secondo i dati Legambiente, dal 2010 a settembre 2022, data dell’alluvione nelle Marche, nella Penisola si sono registrati 1.503 eventi estremi, che hanno provocato 279 vittime. Un dato in crescita anno per anno: tra il 2021 e il 2022 gli eventi estremi sono aumentati del 27% (nonostante i dati di riferimento del 2022 siano parziali) registrando oltre 254 avvenimenti nei soli primi dieci mesi 2022.

Di particolare rilevanza è l’incidenza di eventi riconducibili ad allagamenti per piogge intense, che rappresentano poco più di un terzo degli eventi totali, che salgono a circa il 50% se si considerano anche gli effetti collaterali di altri eventi estremi quali grandinate ed esondazioni.

Analizzando i primi dieci mesi del 2022, secondo i dati di Legambiente si sono registrati 79 casi di allagamento da piogge intense e 71 casi di danni da trombe d’aria, 33 a causa di siccità prolungata e di temperature record, 25 per grandinate, 12 esondazioni fluviali, 11 casi di danni alle infrastrutture, dieci mareggiate, nove frane da piogge intense e quattro danni al patrimonio storico.

Secondo i dati Ispra, nel 2021 sono state 2,9 milioni le famiglie (11,8% del totale) 6,8 milioni gli abitanti (11,5% della popolazione) 640 mila gli addetti (pari al 13,4% degli addetti totali) esposti a rischio per pericolo di inondazioni. Al rischio per la comunità si aggiunge quello a beni e immobili con i 10,7% del patrimonio edilizio e il 16,5% dei beni culturali oggi localizzati (secondo lo scenario medio) in aree inondabili.

Del totale dei comuni italiani, il 12,8% ha almeno il 20% della superficie esposta a rischio alluvioni in uno scenario medio, mentre il 7,5% nello scenario a rischio elevato (587). Oltre al rischio alluvioni, in Italia non è secondario il problema delle frane.

Secondo quanto censito nell’Inventario dei Fenomeni Franosi, in Italia sono oltre 625 mila le frane rilevate per un’area coinvolta di 24 mila chilometri quadrati, pari al 7,9% del territorio nazionale.

La superficie nazionale esposta a pericolosità da frana elevata e molto elevata è l’8,7% per un totale di 26.386 chilometri quadrati, mentre sono a rischio 540 mila le famiglie, 1,3 milioni gli abitanti e 84.400 addetti. Se consideriamo l’edificato 12.500 beni culturali e 565.500 edifici, potrebbero potenzialmente subire danni ingenti perché localizzati in fascia a pericolosità elevata e molto elevata.

L’Italia nella sua diversità morfologica evidenzia differenze sostanziali quando si parla di rischio alluvione e frana. L’Emilia-Romagna detiene il primato di superficie esposta a rischio alluvioni (secondo uno scenario medio) con il 45,6% della superficie in area a pericolosità idraulica media, seguita dalla Calabria con il 17,2% della superficie dal Friuli Venezia-Giulia (14,5%), dal Veneto (13,3%), dalla Toscana (12,2%) e dalla Lombardia (10,2%).

Tra le province il dato peggiore lo rilevano Ferrara, Ravenna e Bologna, con rispettivamente il 99,9%, 79,9% e il 50% di superficie in area a pericolosità idraulica media. Se analizziamo il rischio alluvioni nello scenario elevato, la Calabria detiene in assoluto il primato con il 17,1% della sua superficie, seguita dall’Emilia Romagna con 11,6% e dal Veneto con il 10% rispetto un dato nazionale del 5,4%.

È la provincia di Crotone quella con il dato più elevato in termini di superficie in area a pericolosità idraulica elevata pari al 23,6% del totale, seguita dalle province di Ferrara (23,9%) e Ravenna (22,2%). Il rischio da frana è un fenomeno che interessa particolarmente la Valle d’Aosta, con l’81,9% della superficie in area a pericolosità elevata e molto elevata, seguita dalla provincia autonoma di Trento (20,6%), dalla Campania con il 19,4%, Toscana, Molise, Abruzzo, Emilia-Romagna e Liguria.

A livello provinciale Aosta detiene il primato, con l’81,9% della superficie, seguita dalle provincie di Trento, Salerno e Grosseto. Nonostante la forte fragilità, di per sé naturale del nostro territorio, in Italia si è continuato a consumare suolo in maniera inesorabile anche laddove i rischi risultano ai suoi massimi.

Ne è un esempio l’Emilia-Romagna, la prima regione per incidenza di suolo consumato in aree a rischio alluvione, con le conseguenze evidenti dell’ultimo periodo. Dal 2020 a 2021 in Regione sono stati consumati 78,6 ettari in più di suolo in area a pericolosità idraulica, alla quale si aggiungono 11,8 ettari in area a pericolosità da frana. Un dato rilevante da porre l’attenzione è che proprio la provincia di Ravenna (la più colpita dall’alluvione) è la prima per incremento di suolo consumato dal 2020 al 2021 con +7.113 ettari di suolo cementificato in un solo anno.

Il suolo

La cementificazione del suolo è il peggior alleato del cambiamento climatico in atto. Garantire la permeabilizzazone consentirebbe di essere utile sia nei periodi di siccità sia di eventi piovosi estremi limitando in parte i costi ingenti che i due fenomeni stanno generando alle casse dello Stato, alle famiglie e alle imprese. Invece, continuiamo a sigillare suolo, con una velocità di circa 19 ettari al giorno (nell’ultimo anno) perdendo 2,2 metri quadrati di suolo ogni secondo (dati Ispra). Oltre il 7,13% della superficie nazionale è consumata con valori nettamente superiori in alcune regioni: Lombardia, Veneto, Campania ed Emilia-Romagna detengono il primato per incidenza di suolo consumato.

Prevenzione alluvioni frane Italia

Per ridurre la fragilità del territorio servono interventi ingenti e urgenti, che agiscano in maniera determinata sul controllo del consumo di suolo, sulla capacità di gestione dei fenomeni estremi (sia riconducibili a alluvioni che a condizioni di siccità) sempre più frequenti mediante
azioni di rigenerazione del suolo impermeabilizzato.

Ecco che lavorare su sistemi di drenaggio sostenibili è oggi una priorità per il nostro Paese. Progetti di pavimentazione drenanti, sistemi che garantiscano i processi di infiltrazione, vasche di accumulo e riuso dell’acqua sono alcune delle azioni che se attivate in maniera capillare e pianificata consentono di gestire in maniera ottimale i nuovi fenomeni in atto.

A ciò vanno affiancate azioni più politiche connesse all’obbligo di delocalizzazioni degli insediamenti residenziali e produttivi più a rischio, divieto di edificazione nelle aree a rischio con il ripristino delle aree di esondazione naturale dei corsi d’acqua.

Rischio idraulico

La prevenzione del rischio idraulico mediante una gestione sostenibile delle risorse idriche in ambito urbano rappresenta una delle azioni principali per ridurre ed evitare i fenomeni connessi ai cambiamenti climatici.

Oltre ai fondi Pnrr, quali ulteriori opportunità di finanziamento sono presenti? Oltre ai fondi del Piano della ripartenza e resilienza, a livello nazionale lo Stato destina annualmente, anche se in maniera irrisoria, parte dei suoi fondi al tema della prevenzione dei rischi idrogeologici, in cui rientrano le azioni e opere di drenaggio e gestione del territorio.

Il tema dei cambiamenti climatici dei rischi idrogeologici in Italia sia trattato solo in una concezione di emergenza è evidente dall’analisi dei fondi spesi per interventi di prevenzione e messa in sicurezza. Dal 2013 al 2019 quelli spesi in prevenzione sono stati 2,1 miliardi, con una media di 300 milioni di euro, ben al di sotto dei 3 miliardi di euro impiegati annualmente in gestione dei danni.

Focus Liguria

Secondo l’Ispra, in Liguria ricadono gli investimenti più ingenti pari al 16,3% delle risorse totali stanziate (anche se con appena 33 progetti realizzati. Segue la Toscana (9,6% sul totale degli investimenti per 113 progetti), la Lombardia (9,1% dei finanziamenti totali per 66 progetti) e l’Emilia-Romagna (7,7% dei finanziamenti per 112 progetti).

Oltre al Pnrr e ai fondi statali, esistono ulteriori canali funzionali a interventi di prevenzione correlati al tema del cambiamento climatico e ai rischi idrogeologici, nel quale rientrano in prima battuta azioni sul miglioramento dei sistemi di drenaggio urbano e gestione integrata delle acque, spesso diretti ad aziende e imprese in grado di attivare soluzioni innovative rispetto il tema.

Sono particolarmente mirati al tema i finanziamenti riconducibili a progetti europei Life, i quali concentrano le proprie risorse su pratiche e misure innovative che promuovo comunità resilienti e tecnologie adattive contro il fenomeno dei cambiamenti climatici, la sostenibilità ambientale ovvero per azioni funzionali al clima e all’ambiente. La dotazione finanziaria per la programmazione 2021-2027 è di 5,4 miliardi di euro. Il progetto si articola in quattro tipologie:

Natura e Biodiversità: sostiene progetti di azione standard volti a sviluppare, applicare e promuovere le migliori prassi di tutela della natura e della biodiversità sia progetti strategici di tutela della natura

Economia circolare e qualità della vita: le azioni finanziate contribuiranno al conseguimento di grandi obiettivi politici dell’Ue, quali la transizione a un’economia circolare,
e alla preservazione e al miglioramento della qualità dell’aria e dell’acqua

Mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici: azioni finanziate concorreranno ad attuare il quadro 2030 per il clima e l’energia e ad assolvere gli impegni assunti dall’Unione con l’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici Transizione all’energia pulita: aiuta lo sviluppo di capacità, stimola gli investimenti e sosterrà le attività di attuazione delle politiche, in particolare nel settore dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili su piccola scala, che contribuiscono alla mitigazione dei cambiamenti climatici e/o agli obiettivi ambientali Particolarmente affine al tema trattato, anche se non unico, è il sottoprogramma Mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici nel topic 2 – Climate Change Adaptation, mirato all’attivazione di progetti funzionali alla gestione delle acque, alla preparazione per eventi metereologici estremi, a soluzione innovative di adattamento
ai cambiamenti climatici.

L’agevolazione mediante progetto life è un contributo a fondo perduto compreso tra il 60% e il 75% delle spese ammissibili in base alla priorità, al tema e al tipo di azione scelta. Oltre a Life, esistono anche altre opportunità inserite nei Fondi strutturali e di investimento europei (Fondi Sie) che rappresentano i principali strumenti finanziari della politica regionale dell’Unione Europea il cui scopo è quello di rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale riducendo il divario fra le regioni più avanzate e quelle in ritardo di sviluppo. Tra questi ci sono:

Fondi europei di sviluppo regionale (Fesr): destinano almeno il 5% dei fondi nazionali ad azioni integrate per lo sviluppo della sostenibilità urbana e nel quale rientrano progetti di drenaggio urbano sostenibile e di miglioramento della vulnerabilità ai cambiamenti climatici

Fondo di coesione: include misure per l’adattamento al clima, con attenzione alle «infrastrutture blu», alla capacità di gestione del rischio inondazioni

Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale: finanzia misure di adattamento del sistema agricolo per migliorare la resilienza ai cambiamenti climatici.

Rischio idraulico

La riduzione del rischio idraulico e la capacità di gestione dei cambiamenti climatici nelle nostre realtà urbane, che vedono oggi sempre più alternanza di momenti di estrema siccità a momenti di piogge violenti con nubifragi e allagamenti, impone in maniera urgente un intervento capillare sui sistemi di gestione dell’acqua, in particolar modo nei contesti urbani e abitati, in grado di prevenire e limitate le conseguenze e i danni generati da tali fenomeni.

È ormai evidente che la vulnerabilità di un territorio è strettamente legata anche alle modalità di gestione delle acque. È necessario rivedere i propri approcci secondo una visione innovativa e integrata anche al sistema ambientale.

La vasta porzione del territorio italiano soggetta ad allagamenti è dovuta anche dell’insufficiente capacità dei sistemi di drenaggio o di modalità non più funzionali ai territori, basati sull’idea che l’unico reale obbiettivo sia l’allontanamento delle acque meteoriche il più velocemente possibile dal punto di caduta.

 

Hard engineering

L’approccio tradizionale di gestione delle acque meteoriche è di tipo hard engineering, ovvero interviene mediante gradi infrastrutture e impianti funzionali a drenare e raccogliere le acque di pioggia dalla superficie impermeabilizzata per convogliarle lontano dalle aree urbanizzate il più velocemente possibile.

Si tratta di un approccio spesso gestito senza una reale pianificazione, che ha messo in luce una pluralità di problematiche diffuse nel nostro territorio e, in special modo, negli ambiti urbani. Nello specifico:

  • sovraccarico della rete fognaria nell’eventualità di forti piogge a seguito della ricezione nella rete di portate superiori rispetto quelle in grado di recepire generando picchi di piena sempre più frequenti
  • squilibrio del regime del corpo idrico recettore con possibili fenomeni di esondazione ed erosione. Ciò è dovuto al sovraccarico repentino della rete fognaria che determina volumi ingenti di acqua in tempi brevi nei corpi idrici in cui scaricano
  • inquinamento dei corpi idrici recettori dovuto al convogliamento di sostanze inquinanti depositate sulle aree drenate nei periodi di secco. La presenza di un sistema fognario unitario in momenti di sovraccarico non riesce a gestire tutta l’acqua convogliata nei processi di trattamento e di conseguenza procede a scaricare direttamente l’acqua in eccesso nei corpi idrici recettori
  • ridotta alimentazione della falda acquifera. Ciò succede quando le acque meteoriche sono dirottate in tempi rapidi all’impianto fognario non dando quindi la possibilità di infiltrarsi nel terreno. Un aspetto aggravato dagli elevati livelli di impermeabilizzazione del suolo
  • deterioramento del microclima con aumento della temperatura ambientale a seguito dell’impossibilità di evaporazione dell’acqua di pioggia e di conseguenza del bilanciamento dei livelli di umidità dell’area
  • elevati costi di smaltimento delle acque metereologiche a seguito della necessità di avere impianti fognari di grandi dimensioni con costi di gestione, manutenzione e investimento notevoli
Emergenza-italia
Progetti europei relativi al drenaggio e al trattamento delle acque attivati negli ultimi dieci anni

Nuovo approccio

In contrapposizione all’approccio sopra descritto è emersa la necessità di adottare una nuova gestione della pioggia in grado di massimizzare i benefici riconducibili alla presenza dell’acqua e al contempo minimizzare gli impatti negativi legati al deflusso superficiale, in special modo nei contesti urbanizzati, andando quindi a riequilibrare, per quanto possibile, le componenti del ciclo naturale delle acque.

Si tratta di un approccio sostenibile e integrato, che rientra nel cosiddetto «sistema di drenaggio urbano sostenibile», un insieme di azioni soft engineering, che nella loro complementarietà sono in grado di gestire, trattare e utilizzare al meglio l’acqua dal punto in cui cade come precipitazione al punto in cui è rilasciata nell’ambiente e che si basa, a differenza del sistema tradizionale, sull’attivazione di soluzioni il più possibile naturali che concepiscono l’acqua come risorsa e non come problema. L’approccio agisce sulla regolazione idrica, climatica, atmosferica e ambientale andando a perseguire i seguenti benefici:

  • riduce i deflussi superficiali limitando il rischio inondazioni e allagamenti
  • alleggerisce i collettori di fognatura e gli impianti di trattamento
  • gestisce al meglio la quantità di deflusso superficiale per prevenire fenomeni di inquinamento garantendo quindi la qualità delle acque
  • favorisce il mantenimento del microclima, incrementando l’evaporazione e riducendo a tal modo la formazione di isole di calore
  • realizza e sostiene luoghi migliori in cui le persone possono vivere (amenità)
  • garantisce funzioni ecosistemiche a tutela della biodiversità ripristinando nei limiti del possibile la funzione naturale del suolo

Per la loro conformazione e modalità di attuazione gli interventi di drenaggio urbano sostenibile rappresentano anche soluzioni in grado di generare valore economico (riduzione dei costi a seguito di eventi avversi, riduzione dei costi di gestione, costruzione e mantenimento grandi impianti fognari) e sociale, in quanto creano al contempo spazi vivibili, funzionali e belli per la fruizione e socializzazione. Rappresentano anche occasioni di rigenerazione urbana a più ampio raggio.

Differenti tipologie di intervento

L’approccio di drenaggio urbano sostenibile contempla una pluralità di soluzioni e interventi da applicare in maniera integrata a seconda delle singole esigenze locali. È possibile individuare in particolare cinque tipologie di interventi:

  • Sistemi di raccolta delle acque di prima pioggia funzionali alla raccolta dell’acqua piovana per essere riutilizzata per vari scopi
  • Sistemi di superfici permeabili: strutture e pavimentazioni di diverso tipo che permettono la penetrazione dell’acqua nel suolo riducendo di conseguenza la quantità di acqua che defluisce superficialmente e che viene convogliata nel sistema fognario. Possono essere semplici superfici permeabili o prevedere strutture di immagazzinamento e trattamento delle acque sotto la stessa superficie
  • Sistemi di infiltrazione ovvero strutture e sistemi che facilitano l’entrata dell’acqua nel suolo spesso accompagnati da sistemi di immagazzinamento temporaneo dell’acqua che ospitano i volumi di deflusso superficiale prima di essere assorbita dal terreno
  • Sistemi di convogliamento che incanalano i flussi verso sistemi di immagazzinamento localizzati nella parte a valle
  • Sistemi di immagazzinamento funzionali al controllo dei flussi d’acqua (deposito e rilascio lentamente)
  • Sistemi di trattamento funzionali a ridurre gli inquinamenti raccolti e presenti all’interno dell’acqua di deflusso superficiale.

di Fiorella Angeli

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato.

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Cliccando su accetta, o continuando la navigazione, acconsenti all’uso dei cookie. Accetta Maggiori informazioni