Dall’assalto dei capannoni al loro riuso per lo sviluppo sostenibile

Area produttiva abbandonata a Quarto d'Altino, Venezia

Parlare di sviluppo sostenibile, quando si parla di territorio e della sua gestione, significa interrogarsi non solo su quali sono le politiche, le azioni e le prospettive, ma anche su quali sono gli elementi problematici che riconosciamo nei nostri territori come fenomeni da affrontare in modo sistemico, al fine di ridurre il consumo di suolo e recuperare e valorizzare edifici e compendi non più utilizzati, sottoutilizzati o abbandonati.

Per alcune regioni, come il Veneto, il peso dell’abbandono sul totale dell’edificato è molto rilevante, soprattutto in alcuni ambiti.

L’occasione di un invito a Trama, il ciclo di conferenze organizzato nell’ambito dell’Osservatorio locale per il paesaggio del Graticolato Romano al Centro Culturale Aldo Rossi a Borgoricco, in provincia di Padova, e coordinato dal prof. Michelangelo Savino del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università di Padova, è stata un’occasione per fare il punto su una situazione che in Veneto è analizzata e affrontata da molti anni ma che, a oggi, non ha trovato ancora una soluzione, se non in alcuni esempi significativi di best practices che, si spera, possano diventare modelli di intervento.

Immobile produttivo abbandonato a Trevignano, Treviso
Immobile produttivo abbandonato a Trevignano, Treviso

In Veneto, abbandonato il 10% dei capannoni

L’importanza di questo problema sta nel fatto che in Veneto su un totale di 92mila capannoni industriali e artigianali il 10% risulta abbandonato e inutilizzato. I dati emergono da una ricerca svolta da Smart Land per Confartigianato Imprese Veneto e pubblicata lo scorso anno, che ha aggiornato la medesima rilevazione fatta nel 2016.

La buona notizia è che rispetto alla prima indagine il numero di capannoni inutilizzati è sceso da 10.600 a 9.200, grazie allo sviluppo economico che in questi anni ha visto recuperare competitività al sistema produttivo industriale e artigianale. La cattiva notizia è che sono ancora troppi.

Con la media del pollo di Trilussa sono poco più di 16 capannoni per ciascun comune del Veneto, che abbia 30 mila o 1.000 abitanti, poco importa. Ma il dato eclatante è che questi edifici, un tempo produttivi e oggi inutilizzati e abbandonati, sommano oltre 18 milioni di metri quadrati di superfici.

In pratica nella media ogni comune veneto ha nel proprio territorio 4,5 campi da calcio di suolo consumato e inutilizzato da edifici in disuso.

In tempi di economia circolare ragionare in termini di riuso è l’unico sistema in grado di applicare regole che per altri settori sono semplici, ma che per l’urbanistica non lo sono.

L’economia circolare infatti è ormai ampiamente sperimentata e utilizzata nei cicli produttivi più diversi, basi pensare solo al sistema di gestione e recupero dei rifiuti, che in alcune aree produttive consente con i rifiuti prodotti da un sistema produttivo di generare input e nuove materie prime per altri processi produttivi.

Così dall’agricoltura alla manifattura, dalle produzioni chimiche a quelle artigianali, dagli strumenti tecnologici ai prodotti di consumo, l’economia circolare ottimizza i processi e garantisce strategie di sostenibilità delle produzioni stesse. Ma tutto sommato ciò non è particolarmente difficile, basta progettare bene il prodotto, realizzandolo pensando che un giorno andrà smaltito, smontandolo e recuperandone le parti riutilizzabili.

Ma per l’edilizia il discorso è diverso, perché gli “oggetti” della produzione sono beni immobili ai quali si tende a dare un valore indipendentemente dalla loro qualità e potenzialità d’uso, ma solo per la loro esistenza.

Fabbrica abbandonata a Thiene, Vicenza
Fabbrica abbandonata a Thiene, Vicenza

I tanti corpi separati, residui inutili, forse riutilizzabili, solo per il fatto di esistere e di possedere una cubatura rappresentano, per i legittimi proprietari, una potenzialità di mercato che, nel caso dei capannoni inutilizzati, non hanno, altrimenti non sarebbero abbandonati.

Il paradosso immobiliare di assegnare un valore di mercato a oggetti che non hanno mercato è tutto nei numeri dell’abbandono e in quella errata credenza secondo cui, più che un diamante è per sempre, come nella ben nota e antica pubblicità, è il metro cubo che è per sempre.

Possedere un metro cubo di capannone nell’immaginario proprietario è possedere una possibile rendita. Il nodo problematico è proprio questo, non assoggettare questi prodotti a qualsiasi logica di bilancio aziendale, nella quale il bene ormai ammortizzato e non più utilizzabile ha valore zero.

Il vecchio computer di venti anni fa, il vecchio telefono cellulare Gprs o il vecchio mezzo di trasporto euro zero, valgono zero e lo accettiamo. Ma un capannone abbandonato da venti anni rimane un bene che forse potrà avere un valore e un mercato e dunque viene lasciato lì, icona di uno sviluppo del passato che oggi si trasforma in degrado.

Immobile produttivo abbandonato in area residenziale a Pieve di Soligo, Treviso
Immobile produttivo abbandonato in area residenziale a Pieve di Soligo, Treviso

Il Veneto è, quantitativamente, la seconda regione in Italia per consumo di suolo, ma è la prima regione per superficie consumata in rapporto al numero di abitanti. Il Veneto, patria di quel capitalismo molecolare così ben illustrato da Aldo Bonomi, oggi conta 200 mq di spazi inutilizzati per ciascuna impresa manifatturiera attiva, con un carico di superfici produttive dismesse pari a quasi 4 metri quadrati per abitante.

E l’abbandono è tale perché le superfici e le tipologie non sono più adatte alle nuove leve dello sviluppo, sia in senso tipologico che in quello territoriale, ovvero per localizzazione. Il 41% del dismesso produttivo in Veneto infatti si trova fuori da aree e insediamenti produttivi e la qualità degli edifici mostra, come raccontano i dati delle ricerche di Smart Land, che nel 22% dei casi si dovrebbe procedere con demolizioni, perché gli edifici sono ormami fatiscenti.

La maggior parte dei capannoni abbandonati sono relativi a strutture medio-piccole, per il 25% sono capannoni di massimo 500 metri quadrati, per un altro 50% per strutture tra 500 e 1.000 metri quadrati e per un altro 21% per edifici produttivi tra 1.000 e 2.000 metri quadrati. Strutture e dimensioni oggi inadeguate ad ospitare le nuove richieste della domanda, in particolare quella legata alla logistica.

Strumenti di intervento

Eppure, gli strumenti per intervenire ci sarebbero, anzi in Veneto ci sono e si trovano all’interno di alcune norme regionali che, in particolare due leggi che oggi costituiscono l’ossatura del redigendo Testo unico regionale dell’edilizia, ovvero la lr 14/2017 e la lr 14/2029.

In particolare, gli articoli di interesse sono l’art. 8 della lr 14/2017 e l’art. 4, comma 2, della lr 14/2019. Questi due articoli offrono opportunità normative riferite al riuso temporaneo del patrimonio immobiliare esistente e all’utilizzo dello strumento urbanistico dei crediti edilizi, in questo caso da rinaturalizzazione del suolo.

Nel primo caso al fine di evitare il consumo di suolo e favorire la riqualificazione di edifici dismessi pubblici e privati, prevede che l’amministrazione comunale permetta l’uso temporaneo di tali volumi, ubicati in zona diversa da quello agricola, con cambio di destinazione d’uso (diverso da precedente o da quello previsto dagli strumenti urbanistici), per un periodo di tempo non superiore a tre anni, ma prorogabile per altri due.

Gli immobili possono ospitare iniziative legate al mondo della cultura e dell’associazionismo, start-up dell’artigianato e piccola impresa, servizi alle persone e al commercio di vicinato, mentre sono esclusi i cambi d’uso per funzione ricettiva. Gli utilizzatori ricevono l’immobile in comodato d’uso gratuito o a canone di locazione ridotto in quanto spazio non utilizzato.

L’amministrazione comunale riveste un ruolo centrale in questa azione, in quanto facilita l’incontro tra l’offerta e la domanda di spazi, dando priorità a funzioni in grado di soddisfare esigenze del territorio in termini culturali, sociali, sportivi, ecc. L’innovazione della norma consiste nel superamento dei vincoli urbanistici legati alle destinazioni d’uso.

Ex officine inutilizzate a Sedico, Belluno
Ex officine inutilizzate a Sedico, Belluno

Crediti edilizi da rinaturalizzazione

Il secondo caso riguarda la novità dei crediti edilizi da rinaturalizzazione, ovvero a fronte di una demolizione di un edificio incongruo e successiva rinaturalizzazione del terreno il proprietario diventa titolare di crediti edilizi da trasferire in altra area edificabile. La demolizione dunque genera una capacità volumetrica edificatoria che può essere utilizzata solo negli ambiti urbani consolidati.

Anche in questo caso il Comune riveste un ruolo centrale, in quanto coordina e gestisce l’intero processo e rappresenta il soggetto cardine per la creazione delle condizioni favorevoli per l’impiego dei crediti edilizi da rinaturalizzazione.

Un ruolo fondamentale in questa azione lo riveste il Recred, ovvero il registro comunale dei crediti edilizi, il luogo nel quale i crediti vengono assegnati e che è anche il luogo dell’eventuale compravendita dei crediti stessi.

Negli ultimi anni, ai fini di incentivare lo strumento normativo, la Regione del Veneto ha finanziato con vari bandi regionali le azioni di demolizione e rinaturalizzazione del terreno.

Capannoni inutilizzati a Rovigo
Capannoni inutilizzati a Rovigo

Queste due opportunità rappresentano due esempi di flessibilizzazione dell’urbanistica al riuso del dismesso, alla riduzione del consumo di suolo, alla riqualificazione del territorio e alla rivitalizzazione economica e sociale.

In Veneto ci sono molti esempi di utilizzazione di questi ex vuoti urbani o periferici, oggi sedi di interessanti e innovative attività, come nel caso di asili nido interaziendali e scuole della prima infanzia inserite in ex capannoni rigenerati allo scopo, o i casi di aziende tessili rifunzionalizzate a spazi per la cultura, il lavoro e il tempo libero, come lo Spazio Zephiro a Castelfranco Veneto o l’ex Conigliera di Resana in provincia di Treviso, quest’ultima diventata un centro di produzione delle arti performative.

Grafico e dati esplicativi
Grafico e dati esplicativi

Grazie a queste norme oggi è possibile impostare politiche di intervento che possano portare il Veneto a raggiungere il traguardo del consumo di suolo zero al 2050, un traguardo raggiungibile se iniziamo a pensare anche all’urbanistica secondo un approccio circolare. La sfida è complessa ma non difficile e gli strumenti ci sono, basta usarli.

di Federico Della Puppa

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