Le trappole del Pnrr e l’insistente retorica sulle risorse

C’è una insistente retorica sulle risorse del Pnrr: sembra che si debba rifare tutta l’Italia con questi fondi e che, finalmente, si possano risolvere tutti i problemi del Paese. Non stiamo dando troppa enfasi? Può essere proprio così?

Il Pnrr dovrebbe mettere in moto processi di sviluppo e di crescita del Pil dopo la fase emergenziale collegata alla pandemia e colmare alcuni deficit strutturali del nostro Paese. Per fare questo mobilita (potenzialmente) oltre 200 miliardi di euro in cinque anni: di questi, all’incirca 70 miliardi sono trasferimenti a fondo perduto nell’ambito di Next Generation Eu, 120 miliardi prestiti dello stesso programma, 13 finanziamenti da React Eu e 30 risorse nazionali del fondo complementare.

Non è soltanto un piano per la ripresa, si tratta di un’occasione unica per uscire più forti dal periodo covid-19, trasformare la nostra economia, creare opportunità e posti di lavoro. Teoricamente, abbiamo tutto ciò che serve per riuscirci. La tecnologia digitale sta cambiando la vita delle persone. La strategia digitale della Ue mira a fare sì che tale trasformazione vada a beneficio dei cittadini e delle imprese. La Commissione è decisa a fare di questo decennio il decennio digitale europeo.

Gli obiettivi del Pnrr e i progetti che li declinano vanno messi al lavoro in un’ottica di processo per avere una inversione di tendenza su importanti dimensioni dello sviluppo economico, in particolare quello del Sud, che si trova nella situazione di poter cogliere un’occasione storica per rilanciarsi. Si dovrà avviare una transizione ecologica e una trasformazione digitale che richiederanno ingenti investimenti pubblici e privati, ed esistono anche rischi (spesso poco citati).

Troppo spesso il problema non è rappresentato dagli investimenti a disposizione, ma dalla capacità di attivare buona spesa pubblica e di mettere in moto processi virtuosi, efficienti e innovativi. Il problema potrebbe essere non tanto la quantità di denaro disponibile, quanto il non saper spendere (bene) le risorse senza scegliere progetti di investimento con valutazioni appropriate fra diverse alternative disponibili. Nel campo della dipendenza dai fondi pubblici, il Pnrr potrebbe alimentare patologie, il rischio che vi siano troppe risorse finanziarie e che queste vengano spese male esiste, come se un ammalato assumesse troppi farmaci.

«Se il Pnrr «non produrrà una crescita strutturale e permanente del Paese, il problema del rapporto Debito/Pil si riporrà fra tre-quattro anni in modo molto evidente. L’Italia, cioè, continuerà a essere il Paese europeo con un rapporto Debito/Pil tra i più alti della zona euro (con dubbi sulla sua sostenibilità), mentre gli altri Paesi della zona euro saranno a livelli enormemente minori», secondo l’Istituto Bruno Leoni, che ha ribadito come le nuove risorse non possono essere la risposta al problema della crescita dell’Italia e ha rilevato come vi sia il pericolo che i finanziamenti disponibili finiscano per alimentare altra spesa improduttiva.

I soldi infatti non sono tutto, per aumentare le possibilità che si mettano in moto processi duraturi, è importante sfruttare l’occasione per introdurre elementi di innovazione e discontinuità. Occorre una nuova capacità di attivare buona spesa pubblica e di mettere in moto meccanismi virtuosi, potrebbe anche essere che troppi soldi facciano più male che bene, anche se questo sembra un paradosso!

Secondo quanto pubblicato dall’Istituto Bruno Leoni, «l’idea che basti spendere di più per crescere di più pare appoggiare su assunzioni traballanti. Per intenderci, non è detto che tutti i soldi saranno spesi né che gli investimenti previsti siano tutti effettivamente utili ad alzare il potenziale di crescita del Pil nel lungo termine».

di Francesco Gastaldi, Università IUAV di Venezia (da YouBuild n. 24)

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