Progetti under 40: il container a sorpresa di LineaTstudio a Catania

La qualità di un progetto ha a che fare con le sue dimensioni? Se così fosse questo intervento di LineaTstudio sarebbe oltremodo irrilevante con i suoi 12,19 x 2,43 metri, pari a meno di 30 metri quadrati di superficie lorda. Forse, soprattutto in esempi come questo, ha più senso parlare di peso specifico: ci troviamo di fronte a un processo progettuale irrevocabilmente teso alla sintesi e alla condensazione. I progettisti hanno lavorato sulla eliminazione del superfluo, epurato il lezioso grafismo, stratificato piani di lettura, sfruttato ogni singolo centimetro delle forme per erogare funzioni e per alludere ad altri potenziali usi. Si tratta, in altre parole, della volontà e rara capacità di evocare molteplici immagini usando pochi segni e pochi gesti. Così facendo in questo piccolo oggetto si sovrappongano temi diversi: il viaggio, la sorpresa, il riuso, il locale e il globale.

Giorgia Testa, ingegnere, e Salvatore Terranova, architetto, sono stati incaricati della progettazione di un nuovo spazio conviviale, dove si può passare del tempo con gli amici assaggiando i prodotti del territorio Etneo. Il luogo scelto è il porto di Catania, meta dalla movida cittadina, in cui la popolazione locale, che sciama dal vicino centro storico, si mischia con i turisti appena sbarcati dai traghetti attraccati poco distante. Ad esemplificare questa fusione fra autoctono ed alloctono, i progettisti hanno scelto di recuperare un container navale high cube da 40 piedi.

LineaTstudio-catania

LineaTstudio-catania

 

L’utilizzo in ambito edilizio di tali elementi standardizzati non è nuovo. Pensiamo ai Map (Moduli abitativi provvisori) impiegati dalla Protezione civile nelle emergenze che hanno flagellato il nostro Paese. Oppure consideriamo altre esperienze in contesti di calamità e guerra sparsi per il mondo, nate sotto i vessilli dell’Agenzia Onu per i rifugiati.

Probabilmente Malcolm Purcell McLean, titolare di una piccola azienda di trasporti del North Carolina (Usa), quando nel 1955 inventò il container moderno come soluzione alle interminabili attese cui era costretto ogni volta che arrivava su una banchina portuale per lo scarico da nave, mai avrebbe pensato che anche le grandi firme dell’architettura contemporanea avrebbero utilizzato i suoi moduli per alcuni progetti divenuti iconici.

Pensiamo alla realizzazione dello studentato flottante progettato da Bjarke Ingels Group, ormeggiato nella baia di Copenaghen, primo nucleo di più esteso intervento che popolerà lo spazio acqueo della capitale danese. Oppure all’intuizione di Tamassociati che, scoprendo che i container utilizzati per il trasporto delle attrezzature e apparecchiature diagnostiche del nuovo Salam Centre for Cardiac Surgery, a Khartoum in Sudan, giacevano abbandonati in una radura, li hanno trasformati negli alloggi del personale medico e infermieristico del nuovo nosocomio. Ma in questi casi ci troviamo di fronte a un utilizzo tutto sommato tradizionale. Nel primo caso Big ha interpretato una tipologia abbastanza consolidata nell’immaginario del Nord Europa, le house-boat. E i bravi architetti veneziani non hanno stravolto l’identità dei container, ma si sono limitati a sfruttarne la struttura massimizzando le risorse a loro disposizione, facendo di necessità virtù.

A Catania, invece, i giovani professionisti siciliani, entrambi classe 1984, hanno giocato con l’elemento sorpresa, trasformando un oggetto banale in un elemento eccezionale. I LineaTstudio non hanno considerato il container come un oggetto generico, anonimo e sempre uguale in ogni scalo navale del globo, ma sono penetrati in profondità e hanno scoperto un potenziale elemento enigmatico quasi magico, uno scrigno che può celare al suo interno qualsiasi tesoro.

LineaTstudio-catania

LineaTstudio-catania
Il container completamente aperto

In condizioni ordinarie la scatola metallica chiusa si confonde con il contesto, si mimetizza in quanto immagine usuale e consolidata per uno scalo intermodale, ma questa è appunto solo una faccia della medaglia, la più rassicurante. Quando la scatola si apre e si moltiplica, compaiono nuovi spazi fruibili e viene disvelata progressivamente la ricchezza inizialmente occultata. I due lati lunghi, grazie a pistoni idraulici, gli stessi identici meccanismi che azionano i portelloni di un traghetto, si aprono e divengono copertura per un comodo dehors che triplica la superficie iniziale, arrivando a 16,91 x 7,75 metri. Le testate ruotano su perni verticali, come i boccaporti di un mercantile battente bandiera liberiana, e accolgono l’una un arredo multifunzionale, l’altra una scala per giungere sul tetto del container dove si possono immergere gli occhi direttamente nel Mar Ionio.

LineaTstudio-catania

 

LineaTstudio-catania
Sezione longitudinale container aperto

 

LineaTstudio-catania
Pianta del container aperto
LineaTstudio-catania
Pianta della copertura container aperto

 

L’uso dei materiali è sincero e diretto, con un effetto di ruvida eleganza che ci ricorda da vicino la poetica di Glenn Murcutt. Infatti, non si possono non leggere frammenti e rimandi all’opera dello straordinario architetto australiano che da 50 anni progetta splendide scatole di lamiera che si contrappongono fieramente all’ambiente estremo del Nuovissimo Mondo. Nel nostro caso troviamo solo tre materiali che sfidano la salsedine e lo smog del porto: la lamiera di acciaio, liscia e grecata verniciata a fuoco, con cui sono realizzati tutti gli arredi, interni ed esterni, i pannelli in compensato di legno di teck che trovano applicazione nelle nuove pavimentazioni, il calcestruzzo vibro compresso con cui sono realizzati i manufatti fognari qui usati come fioriere e dissuasori perimetrali.

La rigida serialità delle greche in lamiera si contrappone e poi magicamente si fonde con la apparente casualità delle morbide venature dell’essenza esotica. Artificiale e naturale si fondono regalandoci un angolo di naturale spensieratezza dove sorbire un buon calice di vino rosso ricavato dalle uve di Nerello.

di Ilaria Bizzo e Stefano Cornacchini (da YouBuild n.22)

 

LA SCHEDA

Cliente: Al Vicolo Pizza & Vino
Progetto: LineaTstudio (Salvatore Terranova e Giorgia Testa)
Impianti elettrici: Archas
Impianti meccanici: Archas
Impresa edile: Archas, Chiavetta Containers & Trailers
Realizzazione: 2019
Fotografie: Alfio Garozzo
Info: www.lineatstudio.it

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato.

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Cliccando su accetta, o continuando la navigazione, acconsenti all’uso dei cookie. Accetta Maggiori informazioni