Residence de l’Isle a Montréal: revival (critico)
stile anni Cinquanta

Patio verso il fiume © Chevalier Morales

Gli architetti Chevalier e Morales dicono di essersi ispirati al Mid-Century Modernism nella progettazione della Residence de l’Isle, una casa suburbana affacciata su un fiume e immersa nel verde di Montréal, Canada.

Residence-de-l’Isle-montreal
Fronte verso il fiume
Residence-de-l’Isle-montreal
Fronte d’ingresso © Chevalier Morales

 

A visitarla vengono in mente diversi riferimenti del periodo 1940-60: le case a patio di Mies van der Rohe, le Case Study Houses losangelene, le desert houses di Richard Neutra, i telai di Paul Rudolph nelle opere in Florida, ma anche i rivestimenti in legno del Bay Area Style di William Wurster e Harwell Hamilton Harris. Tutte derivazioni del linguaggio wrightiano, qui reso più astratto e distribuito in configurazioni introverse, antesignane dei Mat Buildings del Team Ten nelle opere di Candilis, Josics & Woods e Aldo van Eyck.

La Residence de l’Isle è un recinto di mattoni di circa 30 x 30 metri, penetrato da due patii che ordinano una pianta ad H con la parte giorno che fa da ponte tra una zona notte con retrostante garage e un’area di servizio. Il recinto è opaco, le aperture dei patii sono incorniciate da grandi architravi, mentre i tamponamenti interni sono interamente vetrati. Solo un piccolo padiglione viola il piano del tetto a formare un solitario belvedere. È servito da una scala sospesa su tiranti che scherma il soggiorno. Gli esterni sistemati sono contenuti nei due patii: una corte carraia per chi entra nella proprietà, un parterre con piscina che estende il soggiorno verso il fiume.

Residence-de-l’Isle-montreal
Fronte verso il fiume © Chevalier Morales
Residence-de-l’Isle-montreal
Facciata vetrata su patio © Chevalier Morales

 

Fuori dal recinto la natura è lasciata libera: è, anzi, intensificata con la piantumazione di conifere che mimetizzano la casa in una radura. La vegetazione invade il perimetro in versione addomesticata, quella reale è tenuta a distanza, ma inquadrata nel picture frame architettonico.

Questo rituale di recinzione e trasparenza interna è una costante del periodo. Le case degli anni Cinquanta polverizzano il linguaggio miesiano in due direzioni. Da un lato trasformano la trasparenza in una stratificazione di schermature moltiplicate e inafferrabili. Dall’altro dissolvono la gerarchia della struttura di acciaio distaccando da essa i tamponamenti e lasciandoli proliferare come piani separati, quasi a comporre un nuovo codice decorativo.

In questa voluta dissociazione vengono affermati l’immagine del moderno più che la sua realtà, l’edonismo di una borghesia bianca separata da una città e da una natura di cui sono inquadrate solo vedute a distanza.

Sono meccanismi di controllo, segni della paura dell’esterno tipici della Guerra Fredda, trasformati in leggerezza e apertura dissimulate. La Residence de l’Isle richiama questi dettami ma cerca di ammorbidirne l’impatto. La natura irrompe nella casa mediata dalla cornice dei patii ed è rifratta da più piani vetrati. Le partizioni interne sono bianche e un rivestimento in legno segna il piano orizzontale del soffitto, il materiale naturale è fatto levitare.

Residence-de-l’Isle-montreal
Pianta generale del sito
Residence-de-l’Isle-montreal
Sezione dalla strada al fiume

 

La zona giorno articola il terreno come un’orografia artificiale. Ribassa il soggiorno in una depressione scavata, una sorta di lounge in cui chi si siede sprofonda al livello della piscina. Queste oscillazioni del suolo e del soffitto sono espedienti per variare il livello dell’occhio per chi si muove all’interno della casa. Nella distribuzione degli spazi vi è una connivenza tra parti trasparenti e nicchie introverse che ricercano un’intimità quasi nascosta. La zona notte è una casbah di cul-de-sac con corridoi d’accesso pieni di svolte, a ognuna delle camere corrispondono altrettanti armadi completamente opachi. Il garage impone alle automobili una deviazione a 90 gradi per nasconderle alla vista di chi penetra il patio d’ingresso.

 

Residence-de-l’Isle-montreal
Scala e soggiorno ribassato © Adrien Williams
Residence-de-l’Isle-montreal
Scala come diaframma verso il patio d’ingresso © Adrien Williams

 

Chevalier e Morales sembrano quindi essersi posti il problema dell’ipervisibilità e hanno tentato di dissolverla moltiplicando i diaframmi spaziali, ma anche di rifuggirla con un mat building (cioè che ha accesso, disposizione, illuminazione diurna e ventilazione risolti per un’unità del piano, che viene ripetuta tutte le volte che sia necessario) introspettivo.

Cosa significa questo revival degli anni Cinquanta? Da un lato i due progettisti vogliono ricordare un periodo irripetibile di benessere e di controllo. Dall’altro impiegare un linguaggio architettonico ormai assorbito nell’immaginario collettivo: è lo stile corporate dei downtown proiettato nelle case suburbane. Vogliono usare una palette materiale organica (il legno e
il mattone) che dialoga con la natura, ma si declina nelle forme astratte di un geometrismo onnipresente.

Questo linguaggio non è, però, assunto passivamente, diventa conscio dei limiti ideologici associati al riferimento storico: l’ossessione del controllo panottico, l’inquadramento in successivi diaframmi visivi, il distanziamento gerarchico, l’imposizione tecnocratica sull’ambiente naturale, lo spaziare senza limiti di occupazione del suolo.

Chevalier e Morales creano la compresenza di un’affermazione spaziale unitaria e di una disseminazione di sottoambienti in controtendenza. Sembrano attuare, quindi, un’operazione di critico distanziamento dal riferimento moltiplicandone le caratteristiche. Il risultato è che i 580 metri quadri della casa sembrano molti di più, nascondono e poi rivelano ambienti successivi non compresenti, ma da andare a scoprire.

Residence-de-l’Isle-montreal
Belvedere sul tetto © Adrien Williams

 

La Residence de l’Isle diventa una mini-città, un arcipelago di isole interne e la distanza critica che ci separa dal Mid-Century Modernism configura un insediamento più europeo che americano, forse grazie anche alla sofisticatezza quebecchese dei progettisti. Questa casa, quindi, è anche un ponte culturale tra una cultura anglosassone globalizzata e una minoranza francese che rilegge criticamente l’abitare nel Nuovo Mondo.

di Pietro Valle, Politecnico di Milano (da YouBuild n.21)

 

LA SCHEDA

Luogo: Montreal, Québec, Canada
Progetto: Chevalier Morales Architectes (Stephan Chevalier e Sergio Morales con Julie Rondeau, Christian Aubin e Ève Beaumont- Cousineau)
Impresa: St-Laurent Construction
Strutture: Latéral
Paesaggio: Fabrique de paysages
Superficie: 580 mq
Info: chevaliermorales.com

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato.

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Cliccando su accetta, o continuando la navigazione, acconsenti all’uso dei cookie. Accetta Maggiori informazioni