Siria, ci vuole fibra per ricostruire

di Giacomo Casarin

Un Paese da ricostruire: la Siria. E il progetto di un giovane architetto italiano, scaturito dalla ancora fresca tesi di laurea. Stefano Busetto, 32 anni, lavora alla L22 Urban & Building di Lombardini22, prima società di architettura e design italiana per fatturato. È veneto, ma con base a Milano. Alle spalle ha anche qualche esperienza all’estero: è stato a Saragozza per studio e a Rotterdam per uno stage. Uno dei suoi progetti riguarda, però, la ricostruzione di un villaggio siriano a ovest di Aleppo, Al Sahharah, distrutto dopo la guerra. Un progetto che prevede l’impiego di materiali particolari.

 

Stefano Busetto Siria
Stefano Busetto

 

Domanda. Il suo percorso accademico è stato utile per la professione?
Risposta. La formazione accademica dell’Università Iuav di Venezia è stata essenziale per costruire una valida base teorica e metodologica su cui poter edificare nuove conoscenze e stimoli. Per me hanno contato molto anche il periodo di Erasmus in Spagna e le varie collaborazioni lavorative durante il periodo di studi. In più, con l’opportunità del tirocinio post lauream a Rotterdam, ho avuto la possibilità di lavorare in un importante studio di architettura come quello di Mvrdv, dove ho imparato molto, anche grazie a metodi di lavoro differenti da quelli che già conoscevo. Ho incanalato tutte queste esperienze all’interno del progetto che ho chiamato «Siria dopo il conflitto. Ricostruzione per villaggi: Progetto Sostenibile ad Al Sahharah».

Siria
Siria dopo il conflitto. Ricostruzione per villaggi: Progetto Sostenibile ad Al Sahharah

 

D. Che cosa riguarda il progetto?
R.  La distruzione degli edifici in Siria a seguito della guerra è stata immensa: sono state colpite città, villaggi, infrastrutture e sistemi idrici. Il mio lavoro individua una strategia bottom-up, una ricostruzione partecipata che parte dai piccoli insediamenti siriani, dove è possibile concentrare e densificare il tessuto urbano. E dove l’obiettivo consiste nel riutilizzare le macerie dei fabbricati distrutti, insieme a elementi costruttivi innovativi e montati a secco, realizzati attraverso un processo di pultrusione.

 

siria dopo la guerra
Siria, manifesto grafico
siria giardino
Il giardino come sistema di innesco

 

D. Che cosa sono, nello specifico, questi elementi realizzati mediante pultrusione?
R.
  Si tratta di profili strutturali sottili di materiale composito, ottenuti con la tecnica della pultrusione e costituiti da resine organiche rinforzate con fibre lunghe di tipo sintetico (Fiber reinforced polymers in sigla Frp), generalmente di vetro, piuttosto che di carbonio. Le fibre conferiscono ai profili un comportamento di tipo elastico, fino a rottura, con netta prevalenza delle proprietà di rigidezza e resistenza nella direzione delle fibre stesse. Gli elementi pultrusi possiedono proprietà strutturali e di resistenza superiori a quelle dell’acciaio, nonché una maggiore leggerezza: per questo si stanno affermando in maniera rapida e decisa in molti settori produttivi, tra cui quello edile.

D. Quali sono gli altri punti fondamentali del suo progetto siriano?
R.  Oltre alla scelta dei materiali, anche la decisione di mantenere la struttura morfologica della tradizionale città araba assume un ruolo fondamentale per una ricostruzione rapida e uno sviluppo territoriale sostenibile. Nello specifico, la ricostruzione del villaggio Al Sahharah, a ovest di Aleppo, parte da una serie di spazi aperti: i giardini privati, luoghi di pace e speranza, che determinano l’articolazione di ogni lotto, dove il proprietario può scegliere di ricostruire la sua abitazione o di densificare maggiormente il terreno sfruttando i servizi idrici ed elettrici offerti dall’infrastruttura presente. Il giardino infatti, in stretta relazione con il recinto, gestisce in modo attento la risorsa d’acqua piovana, raccogliendola, filtrandola e direzionandola alle abitazioni.

 

spazio giardino siria
Lo spazio-giardino recintato, luogo di pace

 

D. Di che cosa si occupa in Lombardini22?
R.  Sono entrato in Lombardini22 meno di un anno fa all’interno del brand L22 Urban & Building, dove sviluppiamo progetti architettonici complessi di edifici per uso commerciale, culturale, residenziale, sia di nuova costruzione sia da ristrutturare, oltre a interventi di Deep Retrofitting, Place Making e urbanistica.

D. Si occupa più del progetto preliminare o anche del cantiere?
R.
Durante la fase iniziale del mio percorso professionale ho avuto modo di seguire le varie fasi del progetto, dal preliminare al cantiere, in merito a realizzazioni di piccola entità. Successivamente, ho potuto approfondire maggiormente la fase definitiva-esecutiva per progetti più complessi.

D. Che problematiche progettuali affronta più di frequente?
R. La maggiore che si incontra in un progetto consiste, a mio avviso, nella preoccupazione generata da una non chiara e inefficace burocrazia nell’ambito dell’edilizia e del territorio. Sicuramente, questo aspetto risulta essere uno tra i più significativi che concorrono a rendere complicata la situazione degli architetti italiani.

D. Quali sono gli strumenti che utilizza maggiormente? Il Bim?
R. Per lo studio delle forme architettoniche e gli aspetti costruttivi utilizzo per lo più Autocad e Rhinoceros, mentre per la rappresentazione grafica del progetto Photoshop, Illustrator, Indesign. Recentemente sono entrato nella realtà della metodologia Bim attraverso l’utilizzo di Revit. E, seppur alle prime armi, sto osservando i chiari risultati di una progettazione controllata e integrata.

D. Di quali progetti si occupa al momento? E qual è stato il più interessante?
R. Attualmente sto seguendo la fase esecutiva di un progetto di riqualificazione di un polo tecnologico che ricopre un’area di circa 20 mila metri quadri tra spazi costruiti e spazi aperti. Una strategia progettuale che vuole mettere a sistema una serie di interventi (studio delle facciate, connessioni verticali, progettazione di percorsi e spazi esterni) al fine di rivalorizzare l’intero complesso. Una piccola commissione per la ristrutturazione di un appartamento a Venezia è stata invece l’occasione per avviare quello che per me è stato uno dei lavori più interessanti. Anche perché si trattava del mio primo progetto personale e del primo confronto diretto con un committente.

D. Secondo lei quanto incide il trend della sostenibilità sulla qualità del progetto?
R. La sostenibilità ha un impatto positivo sugli utenti, sulla comunità e sull’ambiente. Può divenire, quindi, la prerogativa di un’architettura, la quale deve svilupparsi verso modelli sempre più sostenibili, dalla singola residenza fino all’ambito urbano, con l’obiettivo di generare azioni positive anche per la futura gestione del progetto.

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