Berlino, la riqualificazione a colori dell’azienda di tessuti Tuchfabrik

Stratificazione, conservazione, riqualificazione

Le metropoli, in generale, sono un work in progress interminabile. Strati che si accumulano l’uno sull’altro, segni di civiltà, epoche, religioni differenti che convivono e che raccontano soprattutto la vita delle persone. Berlino è la testimone europea per eccellenza di questo processo di stratificazione e lo si intuisce dalle diverse culture che popolano la città e pure dall’architettura, che coesistono insieme a un design e a un’anima decisamente contemporanea. Tra le ombre di un passato decisamente ingombrante, soprattutto nel ventesimo secolo (le dittature, le cicatrici della guerra, la ricostruzione, la divisione e poi la riunificazione), lo slancio creativo di una popolazione giovane e intraprendente ha dato origine dagli anni Novanta in poi a una rinascita straordinaria. Infatti, tra gli immensi vuoti urbani lasciati da fabbriche dismesse ed edifici abbandonati sono fiorite officine di artisti, poli culturali, spazi pubblici autogestiti o allestiti da privati che hanno come obiettivo la riqualificazione di intere aree della città. In tutto questo vi è una costante, la riconoscibilità del patrimonio industriale e della sua attività produttiva, dunque un valore culturale da conservare e promuovere.

 

Riqualificazione simbolica e sentimentale

Processo vivace ancor oggi nella capitale tedesca e foriero di architetture di un certo fascino e rilievo. È quanto capitato, per esempio, durante l’edizione del World Architecture Festival 2017, dove tra le 400 opere provenienti da 68 Paesi del mondo e in rappresentanza delle 32 categorie in lista (come Education, Health, Culture), vi era la riqualificazione della Tuchfabrik dello studio berlinese Tchoban Voss Architekten, una fabbrica storica di tessuti degli anni Sessanta trasformata in contenitore ad uso terziario e commerciale. Recupero che si è distinto per aver utilizzato il colore non solo a scopo ornamentale, bensì simbolico, rappresentativo e pure sentimentale.

 

Tuchfabrik pannelli facciata
Ingresso alla Tuchfabrik con rivestimento di facciata a pannelli sandwich in alluminio © Werner Huthmacher, courtesy TVA

 

L’intervento per la nuova Tuchfabrik, al di là del premio colore, ha il merito di rimarcare quanto i processi di riqualificazione e di valorizzazione del patrimonio dismesso rappresentino una grande occasione per il sistema locale sia dal punto di vista di un nuovo utilizzo come motore di sviluppo economico sia come driver di creatività per accelerare le trasformazioni del tessuto produttivo ed elevare il livello della qualità architettonica e funzionale degli spazi urbani.

 

Anni sessanta

Il sobrio complesso industriale Tuchfabrik si colloca in Friedrich-Olbricht-Damm 62 nel quartiere di Charlottenburg-Nord dell’ampio distretto Charlottenburg-Wilmersdorf a nord di Berlino e nelle immediate vicinanze dell’aeroporto di Tegel. È stato costruito nel 1966 ed era composto da due volumi, uno destinato agli uffici amministrativi e un secondo dedicato alla produzione. Nasce come luogo di produzione di stoffe e, solo successivamente è stato trasformato in magazzini e uffici.

Oggi, a seguito di una seconda trasformazione, conclusa nel 2016, i volumi sono stati uniti dando vita al Commercial Center Tuchfabrik, dove uffici per creativi, uomini d’affari, commercianti e spazi destinati a numerose attività commerciali rappresentano i nuovi ospiti dell’ex fabbrica. Gli spazi sono sviluppati su tre livelli per gli uffici e su due per le attività commerciali, per una superficie complessiva di circa 4 600 metri quadri.

 

Tuchfabrik spazio commerciale
Spazio commerciale © Werner Huthmacher, courtesy TVA

 

L’ingresso, collocato a più un metro e mezzo dalla quota stradale, consente al visitatore di accedere facilmente ai livelli successivi tramite un’unica struttura di collegamento verticale costituita da vano scala e ascensore. Al piano rialzato, oltre l’ingresso, si ha l’accesso a diversi ambienti di lavoro caratterizzati da un layout classico, composto da stanze e postazioni predeterminate e alle aree commerciali, quest’ultime raggiungibili tramite un lungo corridoio centrale. Al piano superiore l’area uffici rimane pressoché invariata, come peraltro al secondo piano, mentre l’area commerciale cambia schema preferendo un numero minore di spazi, ma di grande dimensione. La struttura portante dell’edificio è quella originaria in calcestruzzo armato: è visibile solamente all’interno della Tuchfabrik e ha permesso ai progettisti di organizzare al meglio e con poche variazioni l’organizzazione degli spazi.

 

Un gomitolo colorato

Tuttavia quello che caratterizza il progetto dell’architetto Sergei Tchoban è certamente il tributo al materiale tessuto rinvenibile nel design della facciata: fili di lana colorati che girano attorno all’intero edificio ricoprendo interamente i 1.500 metri quadri dell’involucro. L’ex fabbrica di tessuti appare ora rinnovata, i vecchi frontali intonacati hanno lasciato spazio a un rivestimento composto da pannelli sandwich in alluminio su cui sono stati stampati digitalmente fasci di filati oversize dai colori vivaci, intrecciati e luccicanti su sfondo grigio-nero come reminiscenza dell’attività svolta in quel luogo.

Questa scelta, apparentemente dettata unicamente da un semplice formalismo, risponde anche alla necessità di non sovraccaricare eccessivamente, trattandosi di recupero, la facciata esistente e dunque la struttura portante. Una facciata composta come un grande puzzle, dove i singoli pezzi (pannelli) con motivo di stampa specifico e codice identificativo proprio vengono alloggiati in un’area assegnata fissa della facciata.

A completamento del nuovo look le grandi lettere utilizzate per la scritta Tuchfabrik collocata all’ingresso del nuovo centro, che adotta come carattere tipografico il Rodchenko (pittore, fotografo e grafico russo che collaborò alla costituzione del movimento costruttivista), ispirato alle opere dei costruttivisti russi degli anni Venti e Trenta e riconosciuto dall’Avanguardia per la sua forma totalmente semplificata, lineare e senza grazie. Un’ulteriore occasione per ricordare una Berlino di altri tempi.

 

La scheda

Architect: Sergei Tchoban, Tchoban Voss Architekten
Project leader: Pavel Zemskov
Creative director façade design: Valeria Kashirina
Team: Silvia Grischkat, Rene Hoch, Evgenija Sulaberidze, Katja Fuks
Façade engineering: Priedemann Fassadeberatung, Großbeeren
Metal works: Windeck GmbH, Kloster Lehnin
Facade cladding: Metawell, sandwich panels, Neuburg an der Donau
Digital print: Euramax Coated Products BV, Roermond, The Netherlands

Area: 2.860 mq
Superficie totale: circa 4.600 mq
Volumetria totale: circa 20.000 mc
Superficie facciata: 1.500 mq
Fine lavori: luglio 2016

 

Roberto BoliciRoberto Bolici, architetto e Ricercatore in Tecnologia dell’Architettura presso il “Dipartimento di Architettura, ingegneria delle costruzioni e ambiente costruito” del Politecnico di Milano. L’attività di ricerca è orientata nell’ambito della progettazione tecnologico-ambientale per la valorizzazione del costruito. Docente di Tecnologia dell’Architettura presso la “Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni” del Politecnico di Milano.

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