In Piazza della Scala a Milano un restyling tra storia e modernità

Il brand di prêt-à-porter femminile Elena Mirò inaugura a Milano un nuovo flagship store, in una location unica dalla storia secolare. Donato nel ‘400 da Giovanni Rodolfo Vismara ai Frati Minori Osservanti, l’edificio prenderà il nome di “Cà della Comare”. A pochi metri, nel 1778 avverrà l’inaugurazione del Teatro alla Scala, mentre nel 1817 il palazzo darà i natali allo storico Caffè Cova. Il progetto conseguito per Elena Mirò parte proprio dalla volontà di rispettare l’heritage del luogo.

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L’intervento architettonico interno ed esterno sulla location ha mantenuto a guida del progetto alcuni segni forti, come le arcate esterne ed interne, ed alcuni materiali, poi reinterpretati, tratti direttamente dagli allestimenti originali dell’edifico. “L’equilibrio tra elementi classici e contemporanei” argomenta Andrea Vignolo, architetto di Miroglio Fashion “è il punto fondamentale di tutto il lavoro e si legge e sintetizza al meglio nel diamante in acciaio lucido che, posizionato al centro dello store, esprime il desiderio di contemporaneità del brand, in armonica contrapposizione rispetto agli elementi più classici. Fanno comparsa finiture preziose, in galvaniche ottone e bronzo, pavimenti in legno posati a spiga e marmi di pregio, dettagli tessili. Forma archetipa ricorrente e citata nel design di arredi ed ambienti, l’arco, come figura di riferimento essenziale del linguaggio architettonico italiano, abbraccio ideale, emblematico simbolo di inclusione”.

 

 

La Cà della Comare a Milano

La verifica della cartografia dell’epoca indica che l’area chiamata “Cà della Comare” coincide oggi con quella tra le vie Manzoni, Verdi e Andegari a Milano. Le prime notizie riguardanti l’area risalgono al XV secolo e sono riportate in una pubblicazione edita nel 1898 dalla Reale Compagnia Italiana di Assicurazione Generale sulla Vita dell’Uomo e conservata presso la Civica Raccolta delle Stampe “Achille Bertarelli”.

Nel 1452 il nobile Giovanni Rodolfo Vismara donava ai Frati Minori Osservanti del convento di Santa Maria degli Angioli al di là del Redefossi di Porta Nova, «una metà di una casa con orti, brolii et edifici consistenti in camere, solai, casino detti al zardino di Santa Maria della Scala in Milano, siti parte nella parrocchia di San Pietro in Cornaredo, parte nella parrocchia di San Benedetto e parte nella parrocchia di San Silvestro in Porta Nova».

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«una metà di una casa con orti, brolii et edifici consistenti in camere, solai, casino detti al zardino di Santa Maria della Scala in Milano»

Nel XVII secolo l’edificio fu oggetto di dispute: la Collegiata della Scala vietò infatti alla famiglia Perlasca, proprietaria dell’immobile, l’innalzamento di un piano della costruzione perché tale intervento avrebbe oscurato il coro della collegiata.

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Una rappresentazione tardo settecentesca: al centro vi è il Teatro alla Scala inaugurato nel 1787 su progetto del Piermarini, che deve il proprio nome alla chiesa che prima sorgeva sull’area. Sulla destra uno scorcio della città di Milano che mostra presumibilmente la Casa della Comare e le facciate della proprietà dei Frati Minori

 

Lo storico Caffè Cova di Milano

Situato tra Via Manzoni e Via Verdi, l’edificio era su tre piani ma il linguaggio dei due fronti (quello lungo via Manzoni e quello su via Verdi) apparivano nettamente distinti. Caratterizzato da un piano terra con aperture ad arco destinate a spazi commerciali, da due piani superiori con finestre riquadrate da fasce marcapiano di modesto rilevato e da semicolonne e lesene, l’edificio ospitava al piano terra uno dei più antichi locali milanesi, lo storico Caffè Cova.

Il Caffè venne fondato nel 1817 da Antonio Cova, un ex soldato napoleonico, all’angolo tra le Vie Verdi e Manzoni, le eleganti sale e il celebre giardino interno furono luogo di ritrovo di politici, poeti della Scapigliatura, pittori, musicisti, giornalisti. Nel 1848 il Cova con i suoi avventori fu in prima linea contro gli Austriaci e nel 1868 ottenne l’autorizzazione dalla Zecca per coniare monete in argento con la dicitura “Caffè Cova Milano”.

La ricostruzione nel segno del design milanese del dopoguerra

L’edificio, la cui proprietà nel frattempo era passata alla Reale Compagnia Italiana, subì ingenti danni durante il bombardamento del 15 agosto 1943, che determinò anche l’irreparabile rovina della costruzione compresa tra le via Verdi e Manzoni. Dalla mappatura dei danni subiti durante la Seconda Guerra Mondiale dagli edifici milanesi situati entro la cinta dei bastioni, pubblicata nel 1947, si evince che proprio quest’ultima porzione di edificato venne completamente distrutta.

Il progetto di ricostruzione dell’edificio di via Verdi 2 non fu caratterizzato da logiche speculative ma dal rispetto delle preesistenze e del contesto urbano grazie al dialogo animato ma costruttivo che si svolse tra la Soprintendenza, la Proprietà e il progettista incaricato, l’architetto Antonio Cassi Ramelli che si riproponeva la progettazione di un edificio moderno. Il progetto presupponeva però la totale demolizione delle facciate superstiti per impossibilità tecnica della loro conservazione. Nel febbraio del 1951 il progetto prevedeva invece la ricostruzione di facciate secondo uno schema compositivo che riproponeva, migliorandolo, quello delle facciate esistenti; un nuovo piano attico completava l’edificio.

Nell’edificio erano presenti elementi di arredo e di decoro che ben testimoniano il rapporto che l’architetto Cassi Ramelli ebbe con la progettazione dell’oggetto: i serramenti, le boiserie, le armadiature fisse, i corrimani degli scaloni devono essere “…un acuto narrativo, un punto di culmine dell’elaborazione artigianale dell’interno”. Cassi va nella direzione della sottolineatura e dell’addizione invece che in quella di matrice Bauhaus della sottrazione.

Le ricostruzioni nate su progetti di grandi professionisti quali Luigi Caccia Dominioni, Ignazio Gardella, Franco Albini, Luigi Figini, Gino Pollini, Mario Asnago, Claudio Vender, Antonio Cassi Ramelli contribuirono alla rinascita della città di Milano e costituirono l’humus all’interno del quale si sviluppò il linguaggio del design milanese del secondo dopoguerra, divenuto un classico italiano.

Il progetto per lo store Elena Mirò in Piazza della Scala

 

Il progetto per lo store Elena Mirò in Piazza della Scala a Milano parte proprio dalle basi della sua storia. Le scelte di design per il progetto nascono dall’analisi delle specificità architettoniche dell’edificio, che si intende valorizzare ed armonizzare con il contesto.

Sono stati eletti a guida alcuni segni forti, esistenti, come gli archi esterni ed interni, alcune finiture e certi materiali speciali, così da tracciare una linea immaginaria che congiunge lo stile mitteleuropeo ed elegante degli interni del Caffè Cova agli stilemi tipici del design che ne è maturato, in maestri come Caccia Dominioni, Albini e lo stesso Cassi Ramelli. L’ambiente, allora come adesso, possiede un tono aulico, ma accogliente allo stesso tempo.

In evidenza l’arcone ribassato, gli chandeliers in cristallo e le cornici con fregi delle boiseries, il pavimento a spina di pesce e i tavolini metallici di forma circolare. Elementi costitutivi anche dello studio di design portato avanti da Elena Mirò per progettare il proprio flagship store nel pieno rispetto e nella piena valorizzazione della storia di un edificio d’eccezione.

 

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