Nel cuore della campagna Toscana, tra i vigneti di Bibbona e le curve sinuose della costa livornese, prende forma il nuovo Padiglione Sapaio, firmato Alvisi Kirimotot per Podere Sapaio.
Un’architettura pensata per celebrare la cultura del vino, in armonia con il paesaggio, nel rispetto del ritmo della natura.
In linea con la filosofia dell’azienda agricola, fondata nel 1999 da Massimo Piccin e orientata all’ascolto del territorio e alla sua valorizzazione, il Padiglione è pensato per dialogare con la natura, offrendo spazi in costante relazione con il contesto.
Il Podere Sapaio
Architettura e natura
Ogni elemento naturale – la terra, il cielo, la luce e l’ombra – si intreccia con l’architettura e ne diventa parte essenziale, contribuendo a definire l’identità e il carattere del Padiglione.
Adagiato sull’orografia del sito, il progetto si sviluppa su due livelli.Quello superiore è dominato da un’alternanza di pieni e vuoti che aprono finestre a inquadrare le vigne e il mare; un luogo aperto e luminoso, dedicato all’accoglienza e alla degustazione.
Qui l’architettura diventa narrazione e la degustazione si trasforma in un rituale di connessione tra uomo e paesaggio. La natura è sotto, davanti e sopra l’osservatore, grazie alle scelte progettuali e agli attenti richiami alla materia viva del luogo.
Luce e cielo entrano nell’architettura grazie alla copertura, realizzata in legno lamellare: un segno architettonico essenziale in equilibrio tra memoria e innovazione, in grado di proiettare gli spazi interni verso la natura circostante e la costa.
Così come il paesaggio in cui è inserita, fatto di vigneti, filari di alberi e casali rurali, la struttura segue una scansione geometrica e rigorosa.
Il disegno del territorio si traduce così in un gesto che dà forma a uno spazio pensato per custodire, respirare e accompagnare un processo lento e autentico come quello della degustazione. È la natura a tracciare le linee guida del costruito.
L’area
Alvisi Kirimoto | Sezione ed elevazione
Piano sotterraneo
Pianterreno
La struttura
Gli interni si dilatano verso l’esterno, dove una grande terrazza, rafforza il senso di continuità con il paesaggio circostante, invitando a contemplare le vigne e l’orizzonte.
Al livello inferiore, dedicato alla trasformazione dell’uva e alla maturazione del vino, la natura si fa ombra, terra e profondità: qui trovano posto la tinaia e la barricaia. Perfettamente integrato nel terreno, questo livello consente un contatto diretto con il suolo e un controllo climatico ottimale, sfruttando le proprietà termiche della terra per garantire le condizioni ideali di lavorazione e affinamento.
Il Padiglione
La filosofia del processo produttivo di Sapaio è quella di unire un approccio naturale e sostenibile a innovazione e tecnologie 4.0. A tutela dell’integrità e della qualità del prodotto, il rituale della coltivazione e della produzione è lento, minuzioso e in continua evoluzione.
Con un’area di oltre 1000 mq, il Padiglione Sapaio è un progetto che unisce funzione e visione, tecnica e sensibilità.
Un’architettura pensata per accogliere e raccontare il territorio, dove luce, natura, paesaggio e cultura del vino si fondono in un’esperienza autentica.
Qui, innovazione e rispetto si incontrano in equilibrio, dando forma a uno spazio contemporaneo, profondamente radicato nella terra e aperto allo sguardo, fino al mare.
Massimo Alvisi | Co-fondatore studio Alvisi Kirimoto
Massimo Alvisi | Co-fondatore studio Alvisi Kirimoto
Con il Padiglione Sapaio abbiamo voluto tracciare un segno fondativo sospeso nel paesaggio, rispettandone però l’identità profonda e lasciandoci guidare dalle sue caratteristiche naturali e culturali. La nostra architettura si impone sul contesto e diventa una sua estensione coerente, capace di dialogare con il territorio.
Ogni scelta progettuale – dalla composizione degli spazi all’impiego dei materiali, dalla gestione della luce alla relazione tra interno ed esterno – è stata pensata per rafforzare un legame autentico con la terra, fino a far sì che la natura non rimanesse fuori, ma entrasse nel progetto, ne diventasse parte viva.
Non un oggetto isolato, ma un luogo permeabile, dove l’architettura accoglie le luci, i suoni e i ritmi della campagna, trasformandoli in materia del costruire.
Massimo Piccin | Proprietario Podere Sapaio
Massimo Piccin | Proprietario Podere Sapaio
La produzione di Sapaio ha il sigillo di quell’artigianalità che si rivela nella sua prossimità con l’arte. Ho sempre vissuto la mia attività di viticoltore e più in generale di agricoltore come un costante dialogo con il paesaggio e con gli esseri circostanti, organici e inorganici. Le pratiche agricole sono necessariamente un esercizio di selezione e dunque di dominio: privilegiano alcuni organismi a discapito di altri.
L’architettura che ho voluto, funzionale alle pratiche agricole anche nella loro valenza rituale, si impone certamente come segno nuovo nel paesaggio; ai primi scavi l’ho percepita quasi come una ferita.
Ma, a immaginarla finita, così come l’hanno pensata Massimo Alvisi e Junko Kirimoto, un padiglione, ecco che si apre subito (e si apre fisicamente) a un dialogo con lo spazio circostante, alla ricerca della riconciliazione e della re-inclusione con ciò che la sua presenza, più o meno consapevolmente, ha potuto e potrà violare.