Le previsioni indicano tempo incerto sul globo terrestre. Ma non si riferiscono alle perturbazioni atmosferiche. La variabilità è, invece, quella che riguarda la transizione green per quanto attiene la progettazione e l’edilizia.
Il bollettino è contenuto nella terza edizione 2025 del Barometro della Costruzione Sostenibile curato dal gruppo Saint-Gobain. L’obiettivo della ricerca era tastare il polso del mercato per capire quanto e come gli operatori intendono spingere sull’acceleratore del cambiamento. Spoiler: c’è tanta strada da fare.
Il sondaggio
L’impegno per misurare entusiasmo o scetticismo verso un costruire più amico dell’ambiente è stato tradotto in sondaggio da OccurrenceIfop, istituto francese specializzato nelle ricerche di mercato.
Lo studio è stato condotto su scala mondiale, con il coinvolgimento di un gruppo di 4.320 individui dal pool target degli stakeholder di 27 Paesi diversi.
Questa platea di addetti ai lavori è stata composta da 1.350 professionisti di costruzioni, ingegneria civile, architettura, ambiente, eco-design, housing e settori correlati, oltre a 1.350 studenti di metodologie costruttive, ingegneria civile, architettura e design del territorio.
E, ancora, da 1.080 membri di associazioni focalizzate su costruzioni, transizione ecologica, housing, costruzione, energia, oltre che da 540 funzionari pubblici locali. Infine, sono stati interpellati 27 mila cittadini maggiorenni.

La transizione
«Entro il 2050 ci saranno 9,6 miliardi di esseri umani su questo pianeta, di cui il 70% vivrà nelle città. Il modo in cui costruiamo e rinnoviamo oggi determinerà la qualità della vita delle generazioni future.
Entro il 2050 il 50% degli edifici previsti dovrà essere costruito, e l’’80% di quelli già esistenti sarà ancora in uso», è il commento di Benoit Bazin, presidente e Ceo del Gruppo Saint-Gobain.
«Trasformare in modo sostenibile l’ambiente edilizio esistente e progettare le infrastrutture del domani secondo standard elevati sono due imperativi inseparabili.
In un mondo in cui la crisi dell’housing si sta intensificando, ogni progetto di costruzione o rinnovo costituisce un’opportunità per soddisfare le necessità delle popolazioni, riducendo al contempo l’impatto ambientale del settore, in termini sia di impronta di carbonio sia di tutela delle risorse.
Secondo l’Oms, il miglioramento delle condizioni di housing può salvare le vite, prevenire le malattie, aumentare la qualità della vita, ridurre la povertà, aiutare a mitigare i cambiamenti climatici, contribuire a conseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile.
C’è pertanto un bisogno urgente di fare un passo avanti. Poiché il settore delle costruzioni equivale a quasi il 40% delle emissioni di Co2, consuma il 50% delle risorse naturali e genera il 40% dei rifiuti solidi, la sua trasformazione verso un’edilizia ancor più sostenibile ha anche il potere di cambiare l’equilibrio ambientale».
La strada per arrivare al traguardo, però, è ancora lunga. Il Barometro di Saint-Gobain indica un sentiment contradditorio: la grande maggioranza, quasi l’unanimità, si erge ad alfiere del costruire green. Nei fatti, però, la realtà è più complessa. E non mancano, per restare nella metafora meteo, le perturbazioni.
I risultati
Come accennato, a favore di un modo di costruire green-friendly si schiera una maggioranza bulgara: la necessità di accelerare la costruzione sostenibile è condivisa dall’87% dei partecipanti al sondaggio, che afferma che dobbiamo fare di più.
Secondo il Barometro, questo è anche il motivo per cui i player coinvolti nella fase di progettazione, posizionati più in alto nella catena del valore, sono considerati una forza trainante cruciale per la costruzione sostenibile.
Il 56% dei partecipanti all’indagine ritiene che gli architetti e gli studi di ingegneria abbiano la massima legittimità per guidare l’implementazione di questa transizione, seguiti dalle aziende private nel settore delle costruzioni (44%).
Ma la sensibilità non è la medesima ovunque. In Asia-Pacifico, Africa e Medio Oriente, l’adattamento degli edifici ai pericoli naturali e climatici è frequentemente dichiarato come una semplice preoccupazione mentre, per esempio, in America Latina l’uso dei materiali naturali e considerate un aspetto chiave.
In Europa l’interesse è particolarmente forte verso il rinnovo degli edifici, ma lo scoglio dell’accessibilità economica (leggi: il costo della transizione) è più evidente in Nord America, notoriamente l’area del globo terrestre più sprecona, incoraggiata ora dall’attuale amministrazione.
Differenze che evidenziano la necessità di adattare le strategie della costruzione sostenibile alle condizioni locali, mantenendo al contempo una forte dinamica globale.

Il traguardo
«I risultati sono inequivocabili: è il momento di agire. Ma affinché la costruzione sostenibile possa prevalere è necessario migliorarne la comprensione: inoltre, deve diventare parte integrante delle aspettative sia del grande pubblico sia dei professionisti», ragiona Bazin.
«Al di là dell’impatto ambientale, i suoi vantaggi concreti in termini di comfort e benessere devono essere evidenziati meglio. A tale scopo è essenziale adottare un approccio che sia tanto globale quanto adattato ai specifici requisiti locali».
Il costruire sostenibile, in effetti, è un concetto che necessita di una maggiore comprensione: la sua definizione da parte degli stakeholder si focalizza sull’ambiente piuttosto che sulle dimensioni sociali.
L’efficienza energetica degli edifici è in cima alia lista delle definizioni proposte (35%, ma calo di 7 punti rispetto al precedente Barometro), seguita dalla scelta dei materiali ecologici (31%, stabile).
In Europa, questo aspetto arriva però al primo posto (37%). Anche il pubblico generico associa principalmente la costruzione sostenibile all’uso di materiali ecologici (38%).
Effetto clima
Tuttavia, la resilienza rispetto agli eventi climatici è sempre di più vista come un aspetto importante, probabilmente a causa degli eventi estremi che sembrano sempre più frequenti.
Quest’area presenta l’aumento più forte rispetto ai risultati precedenti e raggiunge il 21%. Il focus sulla resilienza varia, ma non di molto, da una regione all’altra: costituisce la preoccupazione principale in Africa (35%) e Asia-Pacifico (32%), è al secondo posto nel Medio Oriente (33%), probabilmente a causa di una maggiore esposizione alle sfide climatiche in queste aree.
Un po’ a sorpresa, invece, solo il 15% degli stakeholder e il 15% del pubblico associano la costruzione sostenibile a un migliore benessere degli occupanti. Insomma, il concetto di edilizia rigenerativa sembra essere lontano. Anche la valutazione sulla necessità di agire in modo rapido varia: quasi il 70% considera l’implementazione della costruzione sostenibile come una priorità, mentre il 97% che la indica almeno come importante, con un aumento di 2 punti.
Calma piatta
Attenzione, però, a non sottovalutare i segnali di un riflusso verso i temi ambientali. La percentuale degli stakeholder che ritiene necessario progredire in termini di costruzione sostenibile rimane, è vero, alta (87%), ma resta invariata rispetto all’edizione precedente.
Questa stagnazione, rileva il Barometro, potrebbe mostrare una certa stanchezza rispetto alle questioni legate alla sostenibilità, prevalentemente in Europa. Alla luce di questi risultati, secondo l’analisi, è fondamentale presentare la costruzione sostenibile come un’opportunità auspicabile piuttosto che come un’imposizione.
Forse uno dei motivi dei segnali di minore partecipazione verso gli obiettivi green è da ricercare nel fatto che gli aspetti economici positivi della riqualificazione degli edifici o di una costruzione green sono considerati di minore interesse: solo il 15% dei partecipanti al sondaggio cita la riduzione della spesa energetica come obiettivo principale della transizione e un misero 5% collega il costruire sostenibile all’abbassamento dei costi della bolletta.

Che fare?
Insomma, che cosa bisognerebbe fare per spingere il green? Il pensiero corre subito agli incentivi della stagione del bonus, in dimensione regular o super. Ma è un’associazione sbagliata, perlomeno se si fa una media della platea globale.
Nel mondo, chi ha nel settore un interesse superiore alla media, come gli stakeholder, classifica le iniziative pubbliche (sovvenzioni e regolamentazioni) all’ultimo posto nell’elenco delle azioni prioritarie per accelerare la costruzione sostenibile.
Forse perché non ha goduto delle delizie del superbonus. In ogni caso, i partecipanti europei mostrano un po’ più di interesse verso le sovvenzioni pubbliche a favore dei soggetti privati al di sopra della media globale (16% verso 14%).
Resta, comunque, una minoranza. Un po’ tutti, invece, concordano che i player coinvolti nella fase di progettazione, come ingegneri e architetti, sono una forza trainante cruciale per la costruzione sostenibile: il 56% degli stakeholder li considera al centro della transizione, seguiti dalle aziende del settore privato (44%).
Il riflusso
Il Barometro non dimentica di considerare (anche se non direttamente) la diffusa minore sensibilità (per usare un eufemismo) verso i temi ambientali, sull’onda del drill, baby drill (perfora, baby perfora) pronunciato da Donald Trump a favore dell’estrazione petrolifera senza limiti.
Ma prevede che il periodo di stagnazione per la costruzione sostenibile sia temporaneo, pur essendo una necessità inevitabile per il futuro, in particolare in Asia-Pacifico, Africa, Medio Oriente.
Nel frattempo, il 76% dei professionisti afferma che alcune o tutte le proprie attività sono legate alla costruzione sostenibile, con una riduzione di 9 punti percentuali rispetto all’edizione precedente.
Tuttavia, questo rallentamento sarà auspicabilmente temporaneo e il settore delle costruzioni continuerà a essere caratterizzato dalla sostenibilità: il 92% dei professionisti intervistati prevede genericamente di includere la costruzione sostenibile nelle proprie attività entro i prossimi cinque anni.
Tuttavia, se poi si va al concreto, il livello di impegno varia da una regione all’altra. In Asia, Medio Oriente e Africa, i professionisti stimano di aumentare il proprio coinvolgimento nel tema delle costruzioni green, rispettivamente con il 47%, 50%, 47%, cioè di dedicare almeno la metà della propria attività all’area della sostenibilità entro i prossimi cinque anni, a confronto con solo il 37% per Europa e Nord America. Insomma, sono i paesi più ricchi i meno ottimisti, o i meno sensibili, a costruire verde.
Mancano le basi
Se in Europa ingegneri e architetti sono scettici sulle opportunità di un maggiore impegno green, si deve probabilmente anche al minore interesse dei committenti.
Nonostante il 70% dei partecipanti al sondaggio si ritenga informato circa la costruzione sostenibile, solo il 28% ha risposto con un sì, decisamente. La sensibilizzazione sul costruire sostenibile, insomma, non è sufficiente: le skill necessarie per implementare i cambiamenti devono essere anche insegnate e trasmesse.
La formazione è ancora deficitaria: solo il 28% degli studenti riceve un’istruzione regolare su questa materia. Ma a confermare la necessità di una maggiore formazione per far fronte alle sfide della costruzione sostenibile è il fatto che solo il 22% dei professionisti ritiene di aver ricevuto una formazione completa in quest’area. E solo il 35% ha ricevuto una formazione specifica: un valore basso che, oltretutto, è diminuito dall’ultima edizione.