In un contesto segnato da crisi ambientali, instabilità delle catene di approvvigionamento globali e crescente disparità tra città e territori marginali, diventa urgente ripensare i modelli produttivi.
Il paradigma industriale che ha svuotato le campagne in favore di un’occupazione spesso alienante si mostra oggi inadeguato. Automazione, crisi ambientale e dinamiche di mercato globali impongono una transizione verso sistemi economici resilienti, radicati nei territori e capaci di valorizzare le risorse locali.
In questo scenario assumono un ruolo chiave le filiere circolari locali: ecosistemi produttivi distribuiti che trasformano gli scarti urbani e industriali in risorse, attraverso processi di recupero, trasformazione e produzione su scala territoriale.
Si fondano su una collaborazione tra enti pubblici, imprese, comunità e ricerca, orientata alla prossimità, alla rigenerazione e al valore condiviso.
Manifattura additiva come leva circolare
Per chiudere il cerchio tra produzione, consumo e riuso è necessaria una manifattura diffusa, accessibile e sostenibile. La stampa 3D, o manifattura additiva, consente di produrre oggetti direttamente da modelli digitali, strato su strato, minimizzando gli scarti.
Questa tecnologia si adatta perfettamente a lavorare con materiali riciclati (polimeri post-consumo, argille, carta macerata) e permette una produzione flessibile, localizzata, on-demand e a basso impatto ambientale.
La stampa 3D riduce la necessità di trasporti, consente il riuso di materiali difficilmente valorizzabili altrove e può essere alimentata da energia rinnovabile. Inoltre, democratizza l’accesso alla produzione, permettendo a piccoli laboratori, scuole, cooperative o centri culturali di diventare nodi attivi d’innovazione.
Non sostituisce l’industria convenzionale, ma ne valorizza gli scarti in una logica complementare, attivando nuove filiere produttive di prossimità, capaci di generare valore economico, sociale e simbolico.

Il caso toscano: tradizione produttiva e innovazione circolare
La Toscana è un territorio particolarmente favorevole allo sviluppo di queste filiere. Qui convivono una storica vocazione artigianale, una cultura produttiva diffusa, una forte identità territoriale e un tessuto di piccole e medie imprese che già operano nel recupero, nella trasformazione e nel riuso.
Distretto del cuoio, moda, marmo e soprattutto carta e cartone raccontano una lunga storia di adattamento e innovazione. A questo si aggiunge un sistema di politiche pubbliche avanzate in materia di economia circolare, eco-innovazione e supporto alle imprese green. Capannori, ad esempio, è stato tra i primi comuni italiani ad attuare la raccolta porta a porta e ospita la sede di Zero Waste Italy.
R3direct: stampa 3D per rigenerare materia e territorio
In questo contesto nasce nel 2017 R3direct, azienda specializzata nella stampa 3D di grande formato con polimeri riciclati. Il suo obiettivo è valorizzare gli scarti industriali del territorio trasformandoli in oggetti ad alto valore aggiunto, arredi urbani, installazioni, opere d’arte, con una produzione interamente locale, su richiesta e a impatto ridotto.
Uno dei primi progetti significativi è stato sviluppato in collaborazione con Lucart, storica cartiera lucchese che ha messo a punto un processo per il riciclo dei cartoni poliaccoppiati (come il Tetra Pak). Questo processo consente di produrre FiberPack, materiale derivato dalle fibre di cellulosa, mentre polietilene e alluminio vengono trasformati nel granulo GranPlast.
Da questo materiale nasce U.S.E. (Urban Safety Everyday), installazione urbana realizzata a Lucca nel 2022 in collaborazione con l’architetta Giulia Del Grande. Il progetto ha trasformato le barriere antiterrorismo New Jersey in oggetti urbani funzionali e accoglienti.
Stampati in 3D e rifiniti da artigiani locali, i moduli rappresentano una nuova forma di infrastruttura leggera e rigenerativa, capace di integrare sicurezza, estetica e sostenibilità. Un QR code guida i passanti alla scoperta del ciclo di vita del materiale e alla maggiore comprensione della filiera circolare che ha portato alla realizzazione dell’oggetto.

Caso Revet: il valore sociale del riciclo
Un altro materiale strategico per R3direct è il granulo riciclato da Plasmix prodotto da Revet, impresa toscana leader nella gestione del ciclo dei rifiuti. Il Plasmix è composto da plastiche miste, non selezionabili per colore o tipologia, che derivano dalla raccolta differenziata. Grazie a impianti innovativi, Revet riesce a trasformarlo in granuli poliolefinici a bassa impronta di carbonio, con emissioni inferiori fino al 70% rispetto alla plastica vergine.
Spesso però questi polimeri di seconda vita vengono utilizzati per realizzare oggetti monouso o a basso valore, come vasi per vivai o cassette per il trasporto della frutta. R3direct ha da sempre esplorato possibili applicazioni ad alto valore, arrivando a utilizzare questo materiale addirittura per la realizzazione di monumenti e opere d’arte.
Ne è un esempio la realizzazione del Marco Cavallo del XXI Secolo, scultura urbana ideata da Edoardo Malagigi e installata nel parco di San Salvi a Firenze in occasione del centenario della nascita di Franco Basaglia, ed entrata nell’autunno del 2024 ufficialmente a far parte del patrimonio artistico della città di Firenze.
Un’opera simbolica che lega sostenibilità, memoria e salute mentale, ma che interroga anche sulla reale necessità di estrazione di marmi, pietre e metalli da aree naturali o da cave, quando in ogni città abbiamo letteralmente montagne di rifiuti bisognose di essere digerite alle quali attingere.
Arredi in plastica riciclata: funzionalità, personalizzazione e identità
Oltre alle installazioni urbane, i materiali riciclati trovano applicazione crescente anche nel settore dell’interior design, in particolare nella realizzazione di arredi per il retail.
L’impiego di stampa 3D in questo ambito consente una progettazione su misura, capace di rispondere in modo puntuale alle esigenze funzionali, spaziali e comunicative di ogni singolo punto vendita.
Superfici operative, banconi, espositori e moduli personalizzati possono essere progettati digitalmente, adattandosi alla configurazione degli spazi e integrando elementi estetici coerenti con l’identità del brand.
La possibilità di utilizzare plastica riciclata, come il Plasmix, offre inoltre una narrativa di sostenibilità tangibile, che diventa parte integrante dell’esperienza del cliente.
Rispetto agli arredi convenzionali, questi elementi mantengono un buon livello di resistenza e leggerezza, e possono essere rigenerati o riconfigurati nel tempo. La componente di customizzazione è particolarmente apprezzata in contesti espositivi dinamici, dove l’identità del punto vendita si costruisce anche attraverso materiali e forme non convenzionali.
Questi interventi dimostrano come anche un materiale considerato marginale, se trattato con cura progettuale e trasformato attraverso tecnologie appropriate, possa generare ambienti accoglienti, funzionali e fortemente caratterizzanti, contribuendo a rendere la sostenibilità un elemento esperienziale concreto.

Una visione concreta: progettualità e prossimità

Come scriveva Enzo Mari nel 2001 in Progetto e passione, “in un futuro prossimo progettazione e produzione potrebbero coincidere… Il lavoro produttivo si svolgerebbe in condizioni meno alienanti, perché permeato di progettualità e creatività”.
Una visione che oggi si realizza grazie all’accessibilità delle tecnologie additive e alla consapevolezza della necessità di ripensare radicalmente il nostro modo di produrre.
R3direct opera in questa direzione, attivando micro-filiere produttive a chilometro zero, con un modello flessibile e cooperativo che lavora in stretta connessione con le filiere del riciclo ufficiale.
I loro oggetti, stampati su richiesta e personalizzabili, diventano simbolo di un nuovo approccio che unisce economia circolare, design e rigenerazione territoriale.
Le filiere circolari locali rappresentano una risposta concreta e scalabile alla crisi del modello produttivo lineare. Riconnettono risorse materiali, competenze artigianali e reti sociali, generando valore economico, ambientale e culturale.
L’esperienza toscana, tra imprese come Lucart, Revet, R3direct e il sostegno di comunità e istituzioni, dimostra che è possibile costruire un sistema produttivo rigenerativo, distribuito, meno estrattivo e più inclusivo.
Affinché questi modelli si consolidino e si diffondano, è essenziale un quadro di politiche pubbliche che favorisca la prossimità, l’innovazione sociale e la transizione ecologica. Le tecnologie ci sono, le esperienze anche. Serve adesso il coraggio di riconoscerne il valore e investire in un futuro più equo, circolare e territoriale.
di Stefano Giovacchini