Design International: architettura, ponte tra culture per una visione globale

Interni della sede Design International di Milano

Fondato nel 1959, Design International è oggi uno dei protagonisti dell’architettura internazionale grazie a un modello circolare, una solida cultura del progetto e una presenza multiculturale.

Il ceo Davide Padoa ci racconta l’evoluzione dello studio, il valore dell’ascolto, l’impegno per la sostenibilità e la centralità delle persone in un sistema che guarda lontano, ma resta ancorato alla realtà locale.

Davide Padoa Ceo Design International
Davide Padoa Ceo Design International

Da oltre sessant’anni, Design International dà vita a luoghi dove architettura, esperienza e comunità si incontrano. Nato in Canada nel 1959, lo studio ha presto assunto una vocazione globale, diventando uno dei punti di riferimento nella progettazione di spazi commerciali e multifunzionali.

Oggi, sotto la guida del Ceo Davide Padoa, Design International e una realtà dinamica, con sedi a Londra e Milano e progetti attivi in tutto il mondo, dall’Europa all’Asia, dal Sudafrica al Medio Oriente.

Al centro, un’organizzazione snella e circolare, in cui ogni progetto e frutto del dialogo tra culture, competenze e visioni. In questa intervista, Padoa ci guida all’interno del modello della società di progettazione, tra sostenibilità, strategie Esg, innovazione, formazione dei talenti e un business model capace di coniugare creatività e stabilita. Con uno sguardo sempre attento a ciò che verrà.

Come nasce Design International e come si è evoluto nel tempo?

I soci fondatori, Brian Cranfield e Colin Stevens, dettero origine a Design International (DI) nel 1959 in Canada, seppur il brand fu coniato nel 1965 per rispondere alla crescente richiesta di progetti internazionali.

Il gruppo divento velocemente un nome riconosciuto nel settore commerciale e nel master planning di progetti multi-funzione in cui l’elemento legante era la combinazione di retail, leisure e ristorazione.

Negli anni Settanta e Ottanta molti centri città degli Stati Uniti perdevano abitanti che si spostavano nei quartieri sub-urbani.

Design International si trovo cosi come un solution solver sia per il posizionamento sub-urbano di grandi complessi commerciali, sia per il riposizionamento dei centri urbani con il retro-fitting di edifici a uso misto per residenze temporanee, hotel, uffici e lo sviluppo dei piani terra per riportare vita, soprattutto di sera, alle arterie storiche urbane delle città.

Inizio cosi la rigenerazione urbana a New York, Baltimora, Detroit, San Francisco. Entrambe le esperienze come solution solver furono poi esportate negli anni Novanta e Duemila in Asia, in Sud Africa, in Europa e, più di recente, nel Medio Oriente.

Quali sono stati i passaggi chiave che hanno portato lo studio ad affermarsi a livello internazionale?

Il primo elemento fondamentale è stata la curiosità di studiare luoghi diversi, ascoltando molto per comprendere usi e costumi (la cultura del luogo) e importare (e altre volte esportare) le formule più semplici per ottenere risultati ottimali sia dal punto di vista commerciale, sia sotto il profilo emozionale e di engagement della comunità di pertinenza di ogni progetto o nuovo luogo creato.

Quando il pubblico torna in un luogo e lo fa diventare proprio e preferito, tutti gli stakeholders sono soddisfatti. Investitori, sviluppatori, sindaci, negozianti, ristoratori aspirano tutti a ripetere esempi di successo, e spesso lo studio di architettura che ha ideato e firmato quel progetto viene riconosciuto e richiamato per il prossimo progetto.

La creazione di un vero progetto lega il design al contenuto e al contesto culturale, sociale e ambientale. Quando questi elementi non sono risolti, qualsiasi architetto, anche di fama internazionale, non ha svolto al meglio il suo mestiere.

Com’è strutturata oggi l’organizzazione interna? Quante sedi, quanti collaboratori e in quali ruoli?

La struttura di Design International ha un board manageriale che controlla le sedi fisse, Londra e Milano, e gli uffici di cantiere nei vari Paesi dove seguiamo un ruolo di design guardianship durante le fasi realizzative. Contiamo circa 500 collaboratori nei vari paesi di cui un centinaio fissi.

Tutti i servizi di design creativo sono integrati all’interno dello studio, master planning, architettura, interior design, lighting, landscape e building/environmental branding e way-finding, mentre i servizi di ingegneria, impianti, strutture, acustica, aerodinamica, e la direzione lavori, sono totalmente esternalizzati, in maniera tale da poter utilizzare i migliori ingegneri disponibili a seconda della nazione o città e dell’esperienza specifica.

Team Design International
Team Design International
Quali sono le figure professionali chiave che supportano il flusso progettuale? Avete un’organizzazione più orizzontale o gerarchica?

Abbiamo una struttura circolare: ogni progetto ha un project principal, ovvero il direttore di progetto, un design manager – il coordinatore tra DI e tutti gli studi esterni coinvolti –, un project leader – capo commessa responsabile di tutti i servizi interni di DI – e vari team per disciplina.

Tutti hanno incontri settimanali o mensili con una design board committee, diretta dai partner del gruppo, da un Head of Concepts e da un Head of Innovation.

Essendo uno studio con sedi e progetti in tutto il mondo, come riuscite a mantenere coerenza tra culture progettuali e background differenti?

Attraverso la regola numero uno: ascoltare il luogo, la cultura e il brief del cliente. La diversità culturale significa tutto per noi. Nello sviluppo di progetti fondamentalmente inclusivi, dove nessuno e escluso, e importante far sentire a casa il pubblico di visitatori, pur cogliendoli di sorpresa ove possibile.

Qual è il valore aggiunto dell’internazionalità all’interno del team?

L’internazionalità, se ben gestita, crea tanta curiosità ed empatia. I bisogni fondamentali sono quasi sempre gli stessi. Creare un clima empatico valorizza ogni individuo, esaltandone le differenze, incanalandole in tanta vivacità progettuale.

Quanto conta l’interdisciplinarietà nel vostro approccio progettuale? Come integrate architettura, ingegneria, branding, experience design?

L’interdisciplinarità è al cuore oggi di ogni progetto. Al di là della progettazione ormai pienamente consolidata in Bim, abbiamo coniato il termine Fed che significa Favourite Experience Destination. Tutte le discipline, interne ed esterne, si misurano con questo obiettivo.

In che modo Design International integra i principi di sostenibilità ambientale e sociale nei progetti e nell’organizzazione aziendale?

Abbiamo creato un piccolo team di coder all’interno della sede a Londra. Nelle fasi iniziali (definizione strategica, briefing e planning scenario) questo team crea codici che uniscono dati analitici sulle abitudini del pubblico (nel catchment primario del progetto) con elementi climatici/ambientali, culturali (luoghi di visita preferiti), educativi (scuole) e di svago (leisure).

In parallelo il team di Concepts crea flussi ed esperienze con una vera e propria pianificazione del customer journey. Le due cose unite diventano la storia del progetto, un vero e proprio canovaccio si cui basare tutte le scelte successive.

Avete un dipartimento Esg o strategie legate all’Agenda 2030?

Sì. Lavoriamo su ambiente e sociale da quando esistiamo. Una decina di anni fa e stata data una sigla (Esg), ma la pratica era già ben consolidata nel nostro metodo di lavoro. Non esistono vere e proprie certificazioni sulle componenti sociali e di governance, tutti i progetti che sviluppiamo sono invece certificati sulla parte ambientale.

Qual è la vostra visione sullo sviluppo delle risorse umane? Esistono programmi di formazione o mentoring interni?

Oltre i corsi, oggi obbligatori, sulla deontologia professionale e Cpd (Continuing Professional Development) che svolgiamo settimanalmente in entrambe le sedi di Londra e Milano, abbiamo impostato corsi interni su vari software, coding e comunicazione.

Il team di Innovation ha formulato un sistema interno per la gestione delle risorse umane che stiamo ora legando al sistema finanziario di calcolo sulla profittabilità di ogni commessa. L’obiettivo e quello di automatizzare quanto più possibile il controllo dei rischi.

Come valorizzate i giovani professionisti e qual è il loro ruolo nella crescita dello studio?

Tendiamo a far viaggiare soprattutto i più giovani, sempre pero affiancati da colleghi con maggiore esperienza. Questo rende reale i tanti sforzi fatti davanti allo schermo di un computer.

Obiettivi e revisioni della performance sono settati e verificati almeno due volte all’anno, legati a un sistema di bonus e crescita professionale all’interno del gruppo. Oltre alla skill progettuale, le qualità più importanti da acquisire, se non innate, sono leadership, curiosità e ascolto.

Qual è il ruolo della tecnologia nel processo progettuale? Siete full-Bim, integrate algoritmi o design computazionale?

Siamo full-Bim, totalmente integrato a coding. Tutti gli architetti assunti in DI, oltre ai software computazionali, devono saper disegnare a mano. Misuriamo molto dagli schizzi, poiché rimane il metodo ancora più veloce per verificare pensieri e story-telling del progetto.

Avete un’unità di ricerca interna dedicata o un approccio strategico all’innovazione?

Sì, il team di Innovation lavora su algoritmi, stampanti 3D, drone technologies.

Come cambia il modo di gestire uno studio di architettura in un contesto sempre più competitivo e globalizzato?

La nostra strategia e stata quella di investire, attraverso la nostra società holding, negli immobili che vengono messi a reddito, e non necessariamente solo con le società di architettura del gruppo. Questo genera un flusso pulito di cassa che non dipende dai progetti e crea una riserva cui possiamo attingere nei periodi con meno attività.

Poter dare stabilita finanziaria significa mantenere i propri talenti e fare sempre programmi a medio-lungo termine (5-10 anni). Competere e un onore che va conquistato. In architettura si compete molto con proposte, spesso non retribuite, di design, il cui peso vale almeno tanto quanto l’offerta commerciale. I nostri clienti cercano uno studio di progettisti puri, che non guadagnano attraverso altri rami d’azienda nel contracting.

Lasciamo questo ruolo ad altri che lo sanno svolgere molto meglio di quanto potremmo fare noi. DI si concentra sul design, sul luogo, sull’ambiente e sulle comunità che vuole attrarre e servire.

Quali sono le strategie di sviluppo per i prossimi anni?

Sono tre:

  • continuare il nostro percorso di diversificazione in progetti a uso misto;
  • innovare e riposizionare edifici esistenti;
  • integrare architettura e ingegneria in paesi strategici. Per noi oggi sono il Regno Unito, l’Italia, l’India e l’Arabia Saudita.

Qual è la sfida più grande che oggi un grande studio di progettazione deve affrontare?

Diversificare pur mantenendo riconoscibilità e provata esperienza negli asset classes in cui lo studio é cresciuto. Noi crediamo molto all’expertise e tendiamo a legarci con esperti di settore e di servizio. Il riposizionamento di immobili esistenti penso sarà un vero campo di sviluppo strategico per molti, e certamente una risposta sostenibile per pianeta e umanità.

Dove vede Design International tra 10 anni?

A Londra, Milano e Riyad. Sempre con un centinaio di talenti e i migliori gruppi di ingegneria legati ai nostri progetti. Vedo DI con più azionisti, sia interni sia esterni, con una società pur sempre controllata dai propri talenti che lavorano all’interno del gruppo. Vedo Design International con una dozzina di grandi progetti realizzati in più di cui saremo molto fieri.

di Luisa Castiglioni

Il progetto | Maximall Pompeii, hub esperienziale del Sud Italia

La scelta di realizzare il nuovo centro esperienziale Maximall Pompeii nell’area di Torre Annunziata, a pochi passi dagli scavi archeologici di Pompei, ha rappresentato un intervento di grande visione strategica, capace di coniugare rigenerazione urbana, valorizzazione del territorio e attrattività turistica.

L’opera, con un investimento complessivo di oltre 200 milioni di euro, si estende su un lotto di quasi 200.000 mq, con una Gla di 50.000 mq distribuiti su due livelli e un parco verde attrezzato aperto al pubblico di 50.000 mq.

Il complesso nasce come un vero e proprio shopping resort: un polo multifunzionale che integra retail, leisure, ospitalità e cultura. Il progetto architettonico di studio Design International ha reinterpretato in chiave contemporanea la struttura delle antiche città romane, con due edifici principali connessi da un asse centrale – una “moderna via dell’Abbondanza” – che attraversa spazi aperti, piazze, percorsi pedonali, fontane, verde urbano e punti di vista sul Golfo di Napoli e sul Vesuvio.

Dal punto di vista strutturale, il progetto ha rappresentato una sfida ingegneristica di alto livello. iDEAS ha curato la progettazione strutturale, sismica e geotecnica, adottando tecnologie avanzate come controventi metallici Brad a instabilità impedita, impalcati alleggeriti con elementi polimerici in plastica riciclata e strutture miste acciaio-calcestruzzo.

L’intero intervento è stato realizzato in Bim, con modellazione parametrica avanzata per garantire prestazioni ottimali e massima integrazione architettonica. Elemento architettonico iconico dell’intero complesso è la copertura in vetro e acciaio, realizzata come una gridshell a maglia quadrata, che protegge le gallerie commerciali, le piazze interne ed esterne – tra cui l’anfiteatro da 6.500 mq e la piazza multimediale interna – offrendo agli utenti un’esperienza immersiva en plein air.

Il rooftop con vista panoramica accessibile al pubblico è stato concepito dall’architetto Giorgia Borrelli, capo del dipartimento di landscape di Design International, come un vero parco urbano con passeggiata panoramica di 6.000 mq.

Così come il parco esterno pubblico che corre intorno agli edifici movimentato da una serie di collinette rinverdite e piantumate in modo da schermare e creare un’isola di benessere termoigrometrico e acustico. Massima attenzione è stata riservata agli aspetti di sostenibilità ambientale, con l’adozione di soluzioni progettuali in linea con i più alti standard internazionali: è in corso di certificazione Breeam Excellent, risultato di una progettazione attenta a ridurre l’impatto ambientale, valorizzare l’efficienza energetica e promuovere l’uso di materiali locali e naturali, ispirati ai cromatismi e alle texture delle costruzioni pompeiane antiche.

Al suo interno, il centro ospita 170 brand nazionali e internazionali, un hotel 4 stelle, un cinema multisala, un auditorium da 1.000 posti, una food court con 30 ristoranti e una serie di servizi aggiuntivi per turisti e viaggiatori, inclusi spazi per il co-working, infopoint e servizi di trasporto integrato. Il forte radicamento nel territorio è testimoniato anche da un accordo con il Parco Archeologico di Pompei per sostenere lavori di restauro e valorizzazione.

  • Luogo: Torre Annunziata (Napoli)
  • Cliente: Irgen RE Group
  • Attività Design International: progetto architettonico e paesaggio
  • Attività iDEAS: progettazione strutturale, sismica, geotecnica, opere di urbanizzazione primaria
  • Superficie lotto: 194.860 mq
  • Gla: 50.000 mq
  • Slp: 67.440 mq
  • Tipologia: commerciale, ricettiva, culturale
  • Periodo: 2020-2024
  • Certificazione: Breeam Excellent (in corso)
  • Collaborazioni: Manens-Tifs (impianti), Arcadis (cost management), CDS Ingegneria (antincendio)

Il progetto | Livat Shanghai, prototipo di meeting place urbano

Nel cuore pulsante di una delle metropoli più dinamiche al mondo, Livat Shanghai rappresenta il primo tassello di una nuova generazione di centri urbani multifunzionali del gruppo svedese Ingka, pensati come veri e propri meeting place: spazi in cui commercio, cultura, natura e socialità si fondono in un ecosistema urbano innovativo, inclusivo e sostenibile.

Inaugurato nel settembre 2024, il progetto si sviluppa su una superficie complessiva di 176.000 mq, integrando retail, uffici, entertainment, spazi pubblici e servizi, con la presenza di Ikea come ancora strategica.

Il concept architettonico, firmato da Design International, si radica profondamente nella cultura scandinava, esprimendo attraverso geometrie sovrapposte, materiali naturali e grande attenzione al paesaggio, un’idea di semplicità e armonia tra uomo, città e natura. Il risultato è un luogo accogliente, permeabile e fortemente connesso con il contesto urbano circostante: il centro è infatti direttamente accessibile tramite metropolitana, bus, percorsi pedonali e ciclabili, ed è concepito come ponte urbano tra i quartieri limitrofi.

Particolarmente distintiva è la relazione tra dentro e fuori che caratterizza l’intero impianto: terrazze verdi, piazze incassate, coperture paesaggistiche e facciate interattive amplificano l’integrazione tra spazi interni ed esterni, generando una sequenza di ambienti fluida e coinvolgente. Il verde si fa elemento strutturale, salendo fino alla “quinta facciata” – la copertura – dove trova posto un sistema di giardini, aree relax e offerta food all’aperto.

Livat Shanghai è stato studiato da Design International per incarnare la visione del gruppo svedese: luoghi ibridi e sostenibili che vanno oltre la funzione commerciale per divenire nuovi spazi civici. La piazza incassata (sunken plaza), il sistema di spazi per eventi, le aree gioco, gli scorci paesaggistici e il forte uso della luce naturale rafforzano l’identità esperienziale del complesso, rendendolo parte integrante del vivere quotidiano della città.

Il progetto, realizzato con criteri di sostenibilità avanzata e in forte sinergia con il territorio, rappresenta un prototipo replicabile a livello globale, ponendosi come benchmark per il futuro del retail e dei servizi integrati in ambito urbano. Un’architettura aperta, rispettosa e visionaria, in cui ogni elemento – dal design alle connessioni, dal paesaggio alla fruizione – è pensato per mettere al centro la persona.

  • Luogo: Shanghai, Cina
  • Cliente: Ingka Centres
  • Attività Design International: concept architettonico, masterplan, paesaggio
  • Superficie complessiva: 176.000 mq
  • Tipologia: mixed-use (retail, uffici, leisure, spazi pubblici)
  • Periodo: 2020-2024
  • Stato: completato, apertura settembre 2024
  • Funzioni: shopping mall, cinema, uffici, Ikea, rooftop verde, spazi Eventi

Il progetto | Scalo Milano Outlet & More, smart city

Il recente ampliamento di Scalo Milano Outlet & More segna un’evoluzione significativa del progetto originario, trasformando l’outlet metropolitano in una vera e propria smart city a misura di persona, capace di combinare design, innovazione, socialità e benessere.

Un investimento da 40 milioni di euro che ha portato alla realizzazione di 9.000 mq di nuova superficie distribuiti su tre livelli, con 27 nuove unità commerciali e un’area coworking di 1.300 mq pensata per accogliere startup, liberi professionisti e imprese.

L’intervento, curato da Design International, rompe con la geometria angolare e post-industriale degli spazi preesistenti, introducendo linee morbide, organiche e fluide che facilitano i flussi e creano continuità visiva e spaziale tra le aree del complesso.

Il progetto risponde all’ambizione del Gruppo Lonati, proprietario e gestore dell’asset, di rafforzare l’identità del centro, incrementarne l’attrattività e favorire una permanenza più lunga e confortevole. Il concept di Design International mira a restituire agli spazi un tono caldo e accogliente, attraverso l’inserimento di elementi naturali come ulivi secolari, vegetazione diffusa e sedute nel verde.

Gli interventi puntano a un’ospitalità a cinque stelle in chiave retail, dove il visitatore è accolto con la cura e il comfort propri dell’hôtellerie di alto livello. Sul piano architettonico, l’ampliamento introduce nuove dinamiche spaziali: le forme sinuose definiscono percorsi fluidi, la passerella sospesa collega la nuova piazza con il parcheggio multipiano da 700 posti auto, mentre l’utilizzo di materiali dai toni naturali e caldi dialoga armonicamente con l’esistente.

L’integrazione paesaggistica e la sostenibilità ambientale sono cardini del progetto, con ampie aree verdi, coperture giardino e un’attenta gestione della raccolta dell’acqua piovana. Oltre agli spazi per il retail e la ristorazione, il nuovo Scalo Milano rafforza la sua vocazione come polo multifunzionale, offrendo spazi per il lavoro, la socializzazione e la formazione, in un dialogo continuo con la città di Milano e il suo dinamismo economico e culturale.

  • Luogo: Milano
  • Cliente: Locate District / Gruppo Lonati
  • Attività Design International: concept architettonico, interior, paesaggio
  • Superficie ampliata: 9.000 mq (di cui 1.300 mq coworking)
  • Gla complessiva: 35.000 mq
  • Tipologia: commerciale, coworking
  • Periodo: 2022-2024 (ampliamento)
  • Investimento: 40 milioni di euro
  • Unità aggiunte: 27
  • Posti auto: 700 (parcheggio multipiano)
  • Collaborazioni: Bms Engineering, Planning, Sytec, Studio Vassalli, Ingclima

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