Daniele Rangone (Settanta7): viviamo l’architettura come responsabilità condivisa per progettare valore

Dalla stanza di casa ai cantieri d’Europa: la crescita di Settanta7 tra impatto sociale e architettura condivisa

In quindici anni, lo studio fondato da Daniele Rangone ed Elena Rionda è cresciuto fino a diventare una delle realtà più attive e ricono­sciute del panorama italiano ed europeo.

Forte di oltre 130 professionisti distribuiti in cinque sedi internazionali e di una solida specializzazione nella progettazione pubblica, Settanta7 ha costruito il proprio percorso su tre pilastri: cultura orizzon­tale, impatto sociale e sostenibilità economica.

In questa intervista, Rangone ripercorre le tappe fon­damentali dell’evoluzione dello studio e riflette su come architettura, governance e capitale umano possano concorrere a generare valore concreto per le comunità.

Da sinistra in piedi: Federico Spanò, Manuel Depetris, Elena Rionda, Daniele Rangone, Lorenzo Albai, Luca Fontana, Patrizio Cagnoni, Stefano Rao; da sinistra seduti: Gianmarco Fornara, Silvia Polini, Matteo Valente, Benedetta Mea | ©Stefano Anzini
Da sinistra in piedi: Federico Spanò, Manuel Depetris, Elena Rionda, Daniele Rangone, Lorenzo Albai, Luca Fontana, Patrizio Cagnoni, Stefano Rao; da sinistra seduti: Gianmarco Fornara, Silvia Polini, Matteo Valente, Benedetta Mea | ©Stefano Anzini

Dal 2009 a oggi: come si è trasformata l’organiz­zazione di Settanta7? Quali sono stati i passaggi chiave?

Siamo partiti in modo piuttosto artigianale, quasi clandestino: io ed Elena siamo diventati amici al primo anno di università, alla facoltà di architettura di Torino, e i primi progetti li abbiamo gestiti da una piccola stanza in casa mia. Fin da allora volevamo creare qualcosa che non esisteva: uno studio oriz­zontale, aperto, dove ogni voce potesse contare. Il primo passo concreto fu scrivere a mano una lettera a tutti i comuni del Piemonte sotto i 20.000 abitanti, offrendo consulenza gratuita sull’accesso ai fondi per l’edilizia scolastica. È da lì che tutto è iniziato. Nel 2009, con la vittoria di due appalti integrati nei comuni di Molare e Porte, abbiamo fondato ufficialmente lo studio, chiamandolo con un nome che richiama il nostro anno di nascita. Poi le tappe decisive sono state due. La prima nel 2015-2016, quando fu sbloccato il Patto di Stabilità: in poche settimane si aprirono decine di cantieri pubblici fermi da anni. La seconda durante la pandemia, nel 2020: in quel momento abbiamo fatto una scelta simbolica decidendo di non fermarci, dichiarando a tutto il personale: Andiamo avanti come se niente fosse. Altro aspetto fondamentale è stata la volontà di allargare gli orizzonti. Dopo aver inaugurato nel 2015 la sede operativa a Milano (un passo strategico fondamentale per rispondere alle esigenze di proget­ti fuori dal nord ovest italiano), nel 2018 compiamo il passo più importante verso l’internazionalizzazione, aprendo la prima sede estera a Lione, in Francia. Lo stesso anno, l’organizzazione interna del team viene rinnovata, dando vita a una struttura operativa più dinamica e specializzata, in grado di rispondere con maggiore efficacia alle sfide del mercato globale. Nel 2022 abbiamo ampliato ulteriormente la nostra presenza in Europa, aprendo nuove sedi a Tirana e Lisbona nell’arco di sei mesi.

Oggi Settanta7 conta dodici soci, 134 collabora­tori e cinque sedi tra Italia ed Europa. Come si gestisce un sistema così articolato?

Dal 2021 abbiamo adottato un nuovo assetto so­cietario, più maturo e strutturato, con dodici soci tutti italiani, di cui undici architetti e un ingegnere: un modello di gestione orizzontale e partecipativo, ispirato a quello delle cooperative francesi, che ha creato un contesto di maggiore condivisione e re­sponsabilità all’interno dello studio. Questo ci con­sente decisioni più ponderate, meno impulsive. Ogni mese organizziamo una riunione con tutti i team delle varie sedi per condividere stato dei progetti, obiettivi, criticità. E ogni anno organizziamo un meetup internazionale. Abbiamo anche introdotto un programma interno che chiamiamo l’Erasmus di Settanta7: chi vuole può trasferirsi per un mese o più in un’altra sede, con volo e alloggio coperti dallo studio. È un modo per rafforzare la cultura aziendale e favorire la contaminazione.

Settanta7 box accoglienza della sede ©Vincenzo Parlati
Settanta7 | Box accoglienza della sede | ©Vincenzo Parlati

La vostra è una realtà giovane, inclusiva, inter­nazionale. Che strategie adottate per attrarre e valorizzare i talenti?

Il nostro capitale più prezioso sono le persone. Il tasso di turnover è bassissimo, e questo la dice lunga. Oggi abbiamo collaboratori da dodici nazioni, l’età media è di 32 anni, il 46% sono donne. Puntiamo molto sulla formazione continua, con corsi settima­nali interni su software, comunicazione, gestione progetti. E cerchiamo di offrire un contesto in cui la crescita professionale sia reale, non solo dichiara­ta. Promuoviamo work-life balance, responsabilità condivisa e orizzontalità. Non è solo una questione etica: funziona anche dal punto di vista organizzati­vo. La nostra cultura aziendale si fonda su valori di concretezza, impatto e work-life balance attraverso un ambiente che favorisce il benessere e alimenta la crescita professionale di tutti i collaboratori.

Quali sono oggi le principali aree operative dello studio?

A parte l’ambito amministrativo, l’organizzazio­ne è divisa in tre macro-business unit. Un quarto dell’organico è nel nostro fiore all’occhiello, il design team che si occupa esclusivamente di bandi, gare e concorsi: oggi l’80% del nostro lavoro arriva da committenze pubbliche, anche se nel 2026 vorrei creare un maggior bilanciamento. Un altro 50% del personale è coinvolto nella progettazione. Il restante 25% è dedicato alla direzione lavori, che cerchiamo di seguire internamente almeno nei progetti più significativi.

Negli ultimi anni avete lavorato moltissimo con enti pubblici. Come si coniuga l’approccio creativo con i vincoli della progettazione pubblica?

Sappiamo fare il pubblico, perché lo pratichiamo da 15 anni. Abbiamo investito nel capire a fondo la macchina amministrativa, imparando a guidare i processi. Il nostro team gare ha un rating molto alto, e abbiamo sviluppato un know-how che ci consente di affrontare anche progetti molto complessi e le complicazioni burocratiche. Certo, non è sempre semplice. Ma se accetti il quadro normativo e ti organizzi bene, riesci a mantenere la qualità anche in contesti vincolati. Anzi, spesso è proprio lì che si misura la capacità di uno studio di progettare con intelligenza e concretezza.

Come si sostiene economicamente una crescita così rapida?

Siamo passati da 2,6 milioni di euro di fattura to nel 2019 a 13,5 milioni nel 2024. Quest’anno puntiamo a superare i 17 milioni. Questa crescita è stata possibile grazie a una gestione molto attenta delle risorse, a una forte specializzazione e a una strategia orientata alla sostenibilità finanziaria. Ma il vero salto di qualità lo abbiamo fatto quando ab­biamo deciso di reinvestire in innovazione, persone e metodo. La nostra organizzazione è pensata per scalare, ma senza perdere la nostra identità. Non siamo un’impresa generalista, né vogliamo diven­tarlo. Vogliamo restare uno studio di architettura che progetta valore, che dà vita a progetti di qualità.

Settanta7 interno della sede ©Vincenzo Parlati
Settanta7 | L’interno della sede | ©Vincenzo Parlati

Quanto conta per voi la ricerca e lo sviluppo? Avete strutturato gruppi o momenti dedicati all’inno­vazione?

La ricerca è un asse fondamentale del nostro lavoro. L’abbiamo strutturata in modo trasversale attraverso team interni ambidestri, cioè in grado di operare su più ambiti e progetti contemporaneamente. Non si tratta di ricerca separata dalla produzione, ma di un’attività integrata nei processi progettuali ordi­nari. Ogni gruppo di lavoro ha anche una funzione di sperimentazione, analisi e sviluppo di modelli replicabili, in dialogo continuo con le altre sedi e competenze. Uno degli esiti più significativi di questo approccio è Cosmo, un concept brevettato per un nuovo modello di senior residence, pensato come risposta concreta al bisogno di alloggi dignitosi, accessibili e innovativi per la popolazione anziana. Il progetto ha ottenuto due brevetti a livello europeo, uno sul brand e uno sull’architettura, ed è stato sviluppato fino al dettaglio per evitare riproduzioni indebite, con una serie di archetipi in assonometria in bianco e nero, progettati ad hoc. L’iniziativa va oltre il ruolo tradizionale dello studio di architettu­ra: oggi stiamo presentando Cosmo a diversi comuni italiani, cercando investitori e operatori in grado di portarlo a scala reale. Il progetto è europeo, quindi potenzialmente replicabile anche in altri Paesi. È un modello innovativo, ad alta replicabilità, con costi contenuti, che mira a offrire un’alternativa concreta ai modelli residenziali assistiti esistenti.

Che ruolo gioca la sostenibilità, ambientale e so­ciale, nella gestione dei progetti e nelle strategie aziendali?

La sostenibilità è parte integrante dell’identità dello studio, non solo in termini ambientali ma anche so­ciali. Oltre il 70% dei progetti realizzati da Settanta7 utilizza strutture in legno, materiale rinnovabile e a basso impatto ambientale che adottiamo da anni con convinzione. Ma la sostenibilità per noi non è solo ambientale. Interventi come il progetto di rigenerazione di Scampia o la scuola elementare di Montegrossa Grana, un piccolo comune piemontese, dimostrano come l’architettura possa generare im­patti sociali rilevanti. A Montegrossa, per esempio, la realizzazione di un singolo edificio scolastico, ben progettato e pensato come infrastruttura collettiva, ha contribuito concretamente a invertire il trend di spopolamento, riportando famiglie nel territorio. La scuola ha ricevuto la Bandiera Verde di Legambiente e si è configurata come catalizzatore di nuova vita locale. In altri contesti simili, osserviamo fenomeni analoghi: quando un progetto è ben integrato con la comunità e risponde a bisogni reali, diventa attratti­vo e attiva nuove energie. Anche per questo motivo nella selezione delle commesse poniamo molta at­tenzione alla dimensione trasformativa dei progetti: valutiamo il potenziale di impatto su scala urbana o territoriale, non solo la complessità architettonica. Crediamo che l’architettura debba generare valore pubblico, anche quando lavora su scala ridotta.

L’adozione del Bim già nel 2014 ha segnato una svolta: che ruolo giocano oggi la tecnologia e la digitalizzazione nel vostro approccio progettuale?

L’utilizzo del Bim è ormai parte strutturale del nostro metodo. Da oltre dieci anni lavoriamo esclu­sivamente in ambiente digitale e oggi non saremmo in grado di tornare a una progettazione che non preveda la modellazione integrata. In alcuni casi, quando ci viene chiesto di rinunciare al Bim per risparmiare tempi o costi, la risposta è negativa: il nostro sistema operativo interno si basa su una gestione integrata dei dati e delle informazioni pro­gettuali. Tuttavia, stiamo osservando con attenzione i limiti di un approccio che inizia a mostrare segni di saturazione.

Settanta7 sede ©Vincenzo Parlati
Settanta7 | Spazio attesa in sede |©Vincenzo Parlati

L’esasperazione della modellazione rischia di trasformare uno strumento in un fine, con un impatto negativo sia sulla qualità progettuale sia sull’engagement dei team. Lavorare quotidia­namente otto ore su un software come Revit può risultare mentalmente pesante e, alla lunga, poco stimolante. Per questo motivo, abbiamo avviato una collaborazione con alcune software house con l’obiettivo di sviluppare un nuovo ambiente di pro­gettazione più interattivo, intuitivo e coinvolgente, ispirato alla logica del gaming. L’obiettivo è rendere la progettazione un processo più attivo, creativo e accessibile, anche attraverso l’uso di interfacce dina­miche e sistemi di modellazione evoluti. Il progetto è in fase di sviluppo e si prevede la realizzazione di un primo prototipo entro la fine del 2026. intervista a cura di Luisa Castiglioni

I progetti più recenti

Napoli | Restart Scampia

L’intervento ReStart Scampia rappresenta la più estesa operazione di rigenerazione urbana avviata a Napoli negli ultimi decenni. Firmato da Settanta7 insieme a Studio Perillo e Studio Valle Progettazioni, il progetto nasce all’interno del piano di rinnovamento del quartiere di Scampia, simbolo storico di marginalità urbana ma anche di resilienza e identità comunitaria.

L’area oggetto dell’intervento è il Lotto M, che sarà trasformato in un ecoquartiere di nuova generazione con 145 alloggi, asili nido, un centro civico e spazi verdi pubblici. La demolizione delle Vele Gialla e Rossa e la riqualificazione della Vela Celeste costituiscono il punto di partenza per una trasformazione radicale, in cui la memoria del luogo viene integrata in una nuova visione urbana.

I tre nuovi edifici saranno costruiti secondo standard nzeb(Nearly Zero Energy Building), con particolare attenzione alla sostenibilità ambientale, alla durabilità dei materiali e alla facilità di manutenzione impiantistica, in un’ottica di edilizia pubblica di qualità.

Ogni fabbricato è stato progettato con caratteristiche architettoniche uniche: cromie diverse, variazioni nei balconi e nei prospetti, per rompere la monotonia e superare l’omogeneità delle preesistenze. Il linguaggio progettuale è coerente ma non ripetitivo, capace di riflettere una pluralità di identità all’interno dello stesso quartiere.

L’intervento include spazi collettivi, orti urbani, una fattoria didattica e aree attrezzate, contribuendo a ridefinire il paesaggio urbano come luogo di socialità, inclusione e benessere. Con un investimento complessivo di oltre 50 milioni di euro solo per il lotto M (parte di un programma più ampio da 159 milioni finanziato da Pnrr, Pon Metro e Periferie) il progetto punta a restituire dignità e opportunità a una comunità storicamente segnata dalla marginalizzazione.

  • Luogo: Napoli, Scampia
  • Cliente: Comune di Napoli
  • Impresa: Piloda Building/Operazione srl
  • Collaborazioni: Studio Perillo, Studio Valle Progettazioni
  • Attività Settanta7: progettazione architettonica
  • Tipologia: edilizia residenziale pubblica, servizi, spazi collettivi
  • Periodo: 2024-2026
  • Certificazioni previste: nzeb(Nearly Zero Energy Building)
Milano | Bosco della musica

Il progetto del Bosco della Musica, situato a sud-est di Milano, rappresenta uno degli interventi di rigenerazione urbana più rilevanti attualmente in fase di realizzazione nel capoluogo lombardo. Il masterplan, curato da Settanta7, prevede la creazione del nuovo campus del Conservatorio Giuseppe Verdi all’interno di un parco di 17.400 mq, in un’area precedentemente dismessa, con l’obiettivo di restituire alla città un sistema spaziale e funzionale ad alta intensità culturale e ambientale.

Il concept si fonda sulla coesistenza tra spazio costruito e spazio aperto: il campus è pensato come un dispositivo urbano ibrido, in cui l’architettura si inserisce con leggerezza in una cornice paesaggistica continua. L’organizzazione degli edifici privilegia l’orientamento bioclimatico, la permeabilità e la modularità funzionale.

Il disegno del suolo, caratterizzato da assi pedonali e ciclabili, piazze, spazi verdi attrezzati e zone per spettacoli all’aperto, connette in modo fluido le funzioni pubbliche e accademiche, favorendo un’interazione costante tra città, studenti e visitatori. Gli edifici del campus, articolati in volumi distinti ma interconnessi, ospitano sale prova, aule, spazi polifunzionali e residenze temporanee per studenti e artisti.

I tre corpi principali ospiteranno il conservatorio, il liceo musicale, una residenza per studenti e la nuova sede dell’Orchestra Sinfonica di Milano. La distribuzione volumetrica dell’intervento riflette la vocazione civica e culturale del luogo: i volumi bassi si aprono verso il parco e accolgono la didattica, mentre la torre centrale (cuore simbolico e funzionale del progetto) ospita residenze universitarie e servizi condivisi.

Il complesso si sviluppa attorno a una piazza pubblica con gradoni, concepita come spazio di relazione tra studenti, cittadini e musicisti.

L’organismo edilizio si articola in una torre residenziale centrale di sette piani fuori terra, oltre a un piano interrato, ospitando sia studenti che, temporaneamente, docenti fuori sede, visiting professor, L’edificio conta 143 camere singole e 31 doppie, di cui 6 (equamente divise in tipologia) posizionate al piano terra per accogliere gli utenti in visita, spazi di socializzazione, sale comuni e un auditorium panoramico all’ultimo piano.

Gli altri sono corpi bassi ad andamento longitudinale dedicati a funzioni scolastiche e culturali, organizzati attorno a una piazza a gradoni. Tutte le strutture sono progettate secondo i più avanzati criteri di sostenibilità ambientale: involucro performante, materiali a basso impatto, pannelli fotovoltaici integrati, raccolta delle acque meteoriche e sistemi impiantistici a energia rinnovabile.

Il progetto è classificato come nZeb e mira a ottenere elevati standard di qualità sia in termini di comfort ambientale sia di riduzione delle emissioni. Il parco, che costituisce l’elemento identitario del progetto, non è un semplice complemento dell’architettura ma una vera e propria infrastruttura ecologica e sociale.

È concepito per accogliere attività culturali, laboratori, eventi e percorsi didattici, con una dotazione vegetale progettata per migliorare la biodiversità e il microclima urbano. La strategia verde è supportata da uno studio approfondito delle specie autoctone, della permeabilità dei suoli e delle connessioni ecologiche con il contesto circostante.

Il Bosco della Musica nasce come esito di un concorso internazionale bandito bandito nel 2022 dal Provveditorato Interregionale alle Opere Pubbliche per la Lombardia e l’Emilia-Romagna, in collaborazione con Fondazione Milano e Fondazione Istituto Verdi, e si colloca all’interno delle iniziative previste dal Pnrr per l’ampliamento dell’offerta educativa e culturale urbana. L’intervento rappresenta un nuovo modello di campus integrato, capace di fondere formazione, vita comunitaria e cultura in un unico ecosistema urbano.

  • Luogo: Milano
  • Cliente: Cliente: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti
  • Attività Settanta7: progetto di fattibilità tecnico-economica, definitivo, esecutivo, coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione, direzione lavori
  • Superficie: circa 17.400 m2
  • Tipologia: campus scolastico e culturale, residenza per studenti
  • Periodo: 2022 – in corso
  • Certificazioni previste: nzeb(Nearly Zero Energy Building)
  • Collaborazioni: Gpa srl, Stain Engineering srl, Vibes srl
Università di Padova | Hub dell’innovazione

Nel cuore della Zip (zona Industriale di Padova), Settanta7 sta dando vita al nuovo Hub dell’Innovazione della Scuola di Ingegneria dell’Università di Padova, che sorgerà al posto del padiglione 2 della fiera, oggetto di demolizione. L’intervento si inserisce in un più ampio progetto di riqualificazione urbana e rilancio del tessuto economico cittadino, contribuendo alla valorizzazione di un’area strategica.

Il volume si sviluppa su quattro livelli ed è progettato per accogliere oltre 3.000 studenti. Comprende 14 aule per la didattica frontale, laboratori, spazi polifunzionali, aule informatiche, un’area comune e una nuova piazza pubblica aperta alla cittadinanza.

L’edificio risponde alle esigenze di un ateneo in espansione e si configura come polo dinamico per l’innovazione tecnologica e il trasferimento di conoscenza.

Realizzato con una struttura interamente in legno lamellare e pannelli X-Lam, per una superficie complessiva di 7.664 mq, l’edificio è stato concepito secondo criteri di prefabbricazione spinta, con tecnologie a secco e sistemi domotici avanzati. L’elevato grado di industrializzazione ha consentito un assemblaggio rapido: i quattro piani sono stati completati in soli quattro mesi.

L’organizzazione interna prevede due ali dedicate alle funzioni didattiche collegate da un connettivo longitudinale centrale. La facciata, caratterizzata da due corpi aggettanti sul fronte sud e ampie vetrate schermate da frangisole, integra elementi funzionali e compositivi in un linguaggio architettonico coerente con l’identità dell’ateneo. Il layout è progettato per garantire flessibilità e durata nel tempo (oltre 50 anni), con possibilità di future espansioni.

Dal punto di vista ambientale, l’edificio è classificato nzeb (Nearly Zero Energy Building), in classe energetica A4. Include coperture verdi, pavimentazioni permeabili, un sistema di recupero delle acque piovane e 308 pannelli fotovoltaici da 63 kWp.

Durante il cantiere sono state risparmiate circa 2.100 tonnellate di Co2. L’hub si colloca all’interno di un processo di trasformazione più ampio, integrando connessioni ciclo-pedonali, spazi pubblici e strategie progettuali che rafforzano il dialogo tra università, città e territorio.

  • Luogo: Padova
  • Committente: Università degli Studi di Padova
  • Attività Settanta7: progettazione architettonica del progetto definitivo, direzione lavori, coordinamento della sicurezza in fase esecutiva
  • Superficie: 7.664 mq
  • Tipologia: Hub dell’Innovazione – Scuola di Ingegneria
  • Periodo: 2024-2025
  • Certificazioni previste: Leed Platinum
  • Collaborazioni: Stain Engineering srl, Emanuele Fornalè, Iuresrl, Studio Associato.

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