Casa ecologica, sana, sostenibile: quella sottile differenza

Anche nei momenti di recessione e difficoltà ci sono spese che siamo disposti a sostenere: sono quelle relative alla salute nostra e dei nostri cari. Se i tempi di attesa della sanità pubblica risultano troppo dilatati, accettiamo obtorto collo di rivolgerci alla sanità privata con costi maggiori, ma tempi certi e decisamente più brevi. I soldi sborsati per la salute sono considerati ben spesi e sono forse fra i pochi esborsi di cui tendiamo a non pentirci. Sempre più di frequente viene poi ricordato che «siamo quello che mangiamo». Non è un caso che negli ultimi dieci anni la superficie italiana destinata alle coltivazioni biologiche sia raddoppiata portando al 17% la quota coltivata con questo metodo, contro una media europea del 9% e, di conseguenza, i prodotti alimentari certificati biologici sono sempre più diffusamente presenti nei supermercati e nei negozi specializzati. Chi non preferisce, se può permetterselo, carne, pollo, pesci e verdure cresciuti in ambienti sani, senza uso di ormoni e antibiotici?

Nell’edilizia la situazione non sembra invece seguire questa tendenza: il prodotto naturale è visto con un certo sospetto perché considerato più deperibile, poco sicuro e troppo costoso rispetto all’alternativa industriale classica e il nostro immaginario fatica ad accettare certe innovazioni. Muri in paglia, isolanti in lana di pecora, intonaci a base di argilla e vernici alla caseina sono considerati soluzioni di nicchia e di tendenza per qualche blogger che si occupa di sostenibilità, ma certo non rappresentano che una misera frazione del mercato edilizio.

Passiamo la maggior parte del nostro tempo all’interno di ambienti confinati e, sia che si tratti della nostra abitazione, di uffici, scuole, negozi o musei, non siamo in grado di valutare la qualità di questi ambienti nei quali spesso (molto spesso) si rischia di avere livelli di inquinamento maggiore rispetto all’ambiente esterno. I motivi vanno dalla scarsa ventilazione al rilascio di componenti volatili contenuti in vernici, colle, materiali e finiture che, quando inseriti in contenitori dal green packaging, non appaiono così aggressivi come realmente possono essere. Giusto per fare un esempio: il mix chimico a cui associamo il profumo di pulito nelle nostre case è generalmente ben poco sano quando viene inalato e contribuisce fortemente a inquinare l’aria nelle nostre abitazioni.

Negli edifici sono stati fatti molti passi in avanti per quanto riguarda il contenimento dei consumi energetici e ormai tutti abbiamo ben chiaro come la classificazione energetica descriva in maniera abbastanza precisa il comportamento dell’edificio rispetto ai consumi. Riusciamo a orientarci nel mercato potendo scegliere tra edifici con prestazioni diverse, e quindi edifici con localizzazione più centrale e classificazione inferiore, ristrutturati di recente con consumi previsti molto ridotti.

La classificazione energetica permette di muoverci in maniera più consapevole in un mercato in cui queste informazioni erano fino a pochi anni fa nascoste, se non del tutto sconosciute e comunque poco significative nella definizione del valore degli immobili. Per quanto riguarda la salubrità degli ambienti in cui passiamo la maggior parte della nostra vita rimaniamo invece completamente all’oscuro, non abbiamo alcuna informazione e quel poco che ci viene raccontato rischia di essere fuorviante.

La stessa definizione di edificio ecologico, generalmente usata con grande leggerezza e spesso poca cognizione di causa, contiene una serie di valori e informazioni generiche e contrastanti che aiutano assai poco il fruitore. Un edificio è definito ecologico perché dotato di pompa di calore, ma sappiamo che è un impianto e ha poco a spartire con l’edificio, piuttosto che ecologico perché costruito in legno, indipendentemente se realizzato nelle Alpi o nelle brulle e sassose isole del Sud e indipendentemente dal trattamento del materiale o, ancora, perché di classe energetica elevata anche se il contenuto di energia grigia e il calcolo dell’Lca potrebbero dimostrare questa scelta come poco sensata dal punto di vista ambientale.

Anche la semplice indicazione di edificio ecologico perché realizzato con materiali naturali (e quindi erroneamente inteso come sano) aiuta poco. L’amianto, il piombo, il mercurio, il tufo e perfino l’arsenico sono materiali naturali, ma per certi usi non sono adatti, tanto da essere considerati potenzialmente molto pericolosi. Ma ancor di più sono sotto accusa i trattamenti che portano il materiale grezzo ad essere utilizzabile in edilizia. Questo perché gran parte dei trattamenti proviene da preparazioni sviluppate per altri usi, ma che sono così efficienti da essere poi utilizzate in ambiti diversi con fette di mercato crescenti. Senza che vi siano troppe preoccupazioni rispetto alle emissioni inquinanti dopo il periodo di applicazione del materiale.

Abbiamo notizia di importanti problemi ambientali causati nel passato da produzioni industriali o artigianali come la cromatura dei metalli, che permettono di realizzare manufatti durevoli in cui è limitato lo sviluppo batterico. Le superfici trattate con rivestimenti galvanici sono superfici igieniche perché resistono tenacemente alla colonizzazione di batteri, si puliscono e disinfettano facilmente e restano pulite a lungo. Prodotti che presentano buone proprietà igieniche (e di presunta salubrità) che hanno un processo industriale non propriamente ecologico che richiede complesse tecnologie per limitare gli impatti sull’ambiente (chi non ricorda il film Erin Brockovich – Forte come la verità in cui si racconta un caso di inquinamento da cromo esavalente?).

L’equazione sano = ecologico, piuttosto che ecologico = sano rimane quindi tutta da dimostrare ed è assolutamente possibile che il risultato sia ben diverso dalle aspettative. Fino a oggi gli interessi e le attenzioni di costruttori e committenti si sono orientate prevalentemente al ritorno economico (bassi consumi e quindi bassi costi di gestione), c’è da sperare che nel prossimo futuro il progetto degli edifici cominci a considerare anche la qualità ecologica degli edifici perché la casa (in senso lato) torni ad essere un ambiente sicuro ed accogliente e un po’ meno insostenibile.

di Alessandro Rogora, Politecnico di Milano (da YouBuild n. 26)

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