Innovazione: l’architettura che fa tecnologia

L’architettura contemporanea è ormai inserita in un processo edilizio sempre più complesso e integrato. Di fatto è una questione di Big Data, dove non esiste più un leader, un dominus (di solito l’architetto), ma le intelligenze specialistiche dialogano sin dalle prime fasi attraverso approcci multipli e complessi che ci portano verso scenari phygital.

La geometria, la sostanza fisico-materica degli elementi costruttivi e degli impianti, le tempistiche e i costi si sposano, sin dall’inizio, con l’informazione digitale a essi connessa. La sequenzialità gerarchica del passato (architetto-ingegnere strutturista-ingegnere impiantista-impresa e via dicendo) è totalmente annullata in una sorta di Game (come lo chiamerebbe Alessandro Baricco) dove le fasi di creazione del manufatto implicano che le dimensioni di Prodotto e Progetto siano definite virtualmente e riccamente corredate di informazioni.

Lo stesso vale per le fasi costruttive, dove il Processo stesso è costantemente assistito virtualmente, è ottimizzabile sino al momento che riguarderà il funzionamento a regime dove il digital twin consentirà di informare anche sulla vita propria dell’edificio che, inviando dati, diventa addirittura cognitivo-predittivo, grazie a sensoristica ormai sempre più disponibile, economica e interfacciata. In questo scenario è evidente che le architetture siano fatte da elementi costruttivi sempre più discretizzati e contabili, stratificati e assemblati a secco.

Le forme e gli spazi sono diversi? In realtà la forma è abbastanza indifferente alle tecnologie utilizzate oggi e ciò è un vantaggio, poiché lascia totale libertà espressiva al progettista, che si spera colto e proteso a tematiche di sostenibilità ed efficienza energetica. L’utente vuole che la tecnologia e l’innovazione siano invisibili e trovo interessante la visione Active House, che per le architetture contemporanee unisce tre aspetti fondamentali con la stessa importanza: comfort, energia, ambiente. Ciò ha generato negli ultimi anni architetture straordinarie ricche di empatia ambientale come la Cis, Copenhagen International School, che può essere presa a esempio di questa visione innovativa.

copenhagen-international-school

In questo caleidoscopio multi-valoriale di analisi progettuale si evidenzia il Design Optioneering come un utilissimo processo decisionale: nessun «ego» prevale e l’essenza del progetto si definisce attraverso innovazioni condivise. Del resto progettare significa gettarsi in avanti (pro jectare) e innovare è protendersi verso qualcosa che ancora non esiste o che esiste ma è implementabile, migliorabile.

I nuovi prodotti sono oggi sempre più dotati di informazioni a corredo che ne consentano un utilizzo integrato in nuove architetture e tutte le aziende hanno, in pochissimo tempo, risposto al cambiamento di paradigma, ineluttabile, e definito librerie Bim. Non è un caso che la stessa infografica, per l’immediatezza della reciproca comprensione, sia sempre più alla base del ragionamento che avviene su un progetto vivo e attivo (che sta su una piattaforma Bim, appunto, sul cloud), dove anche processi di gaming e deep learning si innestano e incontrano linguaggi ed espressioni sintetiche in grado di «vertebrare» la configurazione e l’architettura auspicata.

Il mondo delle costruzioni, tradizionalmente letargico rispetto ad altre filiere industriali, sta vivendo oggi una straordinaria primavera di trasformazione e ottimizzazione e non a caso si parla di edilizia 4.0.

Infine, la vera e potente innovazione che ci aspetta, spinta da idee come il New European Bauhaus, da Next Generation Eu promossi dalla Commissione Europea e dall’obbligatorio riferimento a progettazioni sostenibili e filo ambientali, riguarda un’altra P maiuscola: Palinsesto. È infatti proprio sul Palinsesto costruito (tecnologico e architettonico), in Europa e soprattutto in Italia, che si gioca una partita fondamentale di Innovazione architettonica e urbana e che nasce da Prodotti, Progetti e Processi innovativi.

Del resto è nel Dna delle nostre città essere evolute ed essersi innovate-rinnovate su sé stesse. I progettisti in grado di cogliere subito questo nuovo vento, soprattutto i più giovani, troveranno nuove vie e nuovi stimoli, anche etici, in grado di soddisfare la propria sete di conoscenza, i propri sogni e di andare sempre oltre lo sterile approccio formalista che, purtroppo, riguarda ancora (soprattutto in Italia) molta formazione e molta professione corrente.

di Marco Imperadori, Politecnico di Milano (da YouBuild 19)

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato.

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Cliccando su accetta, o continuando la navigazione, acconsenti all’uso dei cookie. Accetta Maggiori informazioni