Studio Big a Shenzhen, questione di pelle

Pochi decenni fa Shenzhen era un piccolo insediamento commerciale posizionato lungo la rotta ferroviaria di Canton (Guangzhou). Sotto l’egida delle riforme economiche promosse da Deng Xiaoping alla fine degli anni Settanta, Shenzhen fu prima promossa al rango di città e poi eletta, per prima tra le cinesi, come zona economica speciale. Il piano sperimentale mirava a far confluire i capitali stranieri e testarne l’impatto sul modello cinese, allora in via di profonda trasformazione. In pochi anni un vertiginoso sviluppo urbano ha portato Shenzhen ad affermarsi come uno dei principali poli economici su scala mondiale e oggi, assieme alla vicina Hong Kong, a Guangzhou e altre città, costituisce una delle conurbazioni più estese e densamente urbanizzate, comunemente conosciuta come Pearl River Delta Metropolitan Area.

 

big shenzhen facciata
Dettaglio della facciata rivolta verso est

 

In questo contesto frenetico, nella Silicon Valley cinese, si inserisce il progetto dello studio Big (gruppo di architetti, designer, urbanisti, professionisti del paesaggio, designer di interni e di prodotti, ricercatori e inventori di Copenhagen, New York e Londra), esito del concorso vinto nel 2009, per la Shenzhen Energy Company: 96 mila metri quadrati spalmati su due torri alte 220 e 120 metri, tenute assieme da un basamento alto 34 metri. Si tratta di un’operazione di saturazione del tessuto urbano come risposta all’imperativo di massimizzare lo sfruttamento dei terreni mantenendo la densità del costruito e preservando ampie porzioni di verde urbano.

 

Obiettivi, requisiti, regole

Dal momento che la volumetria e le altezze sono stabilite a monte dal piano urbanistico locale, i progettisti sono stati sostanzialmente chiamati a risolvere il tema dell’involucro e degli spazi interni, con il duplice obiettivo di stabilire un legame di appartenenza rispetto al contesto in cui si collocano, il maggiore centro finanziario della città e, allo stesso tempo, di caratterizzarsi come caposaldo urbano. Inoltre, il progetto delle facciate deve assolvere due requisiti: rispondere alle sollecitazioni climatiche e legare visivamente i tre volumi del complesso.

 

big shenzhen prospetto ovest
Vista da ovest

 

L’area di intervento si trova nel Guangdong, una Provincia cinese caratterizzata da un clima subtropicale, con inverni miti ed estati calde e afose, in un contesto urbano caratterizzato dai tipici superblocks cinesi: isole urbane tagliate da viadotti e infrastrutture pubbliche, all’interno delle quali si affollano i grattacieli delle società internazionali e le torri residenziali tipiche di quei tessuti edilizi. La scelta di Big si muove su due binari: uno porta allo studio di un meccanismo per uniformare i prospetti, l’altro porta a individuare elementi di eccezionalità nello sviluppo del progetto.

 

 

Il dettaglio delle facciate messo a punto prevede un sistema seghettato, a mo’ di ventaglio, dato dall’accostamento in orizzontale dei due elementi che corrono su tutta la verticalità dell’edificio: uno opaco e uno trasparente. I due pannelli sono ruotati di 45 gradi rispetto al filo della facciata e tra loro formano un angolo retto, in modo tale che la parte opaca sia sempre orientata verso Sud per proteggere l’interno dal carico termico apportato dalla radiazione solare.

 

Schermi solari

La parte vetrata è studiata per riflettere i raggi del sole nei rari momenti di esposizione diretta. Questo sistema è adottato su tutta l’estensione dell’involucro, determinando un pattern verticale omogeneo che permette, da fuori, di concepire i volumi come un insieme unico, e da dentro, di distribuire uniformemente l’illuminazione naturale. Alla regolarità nel trattamento dei prospetti sono contrapposte delle alterazioni formali. Il parallelepipedo è deformato come se alcuni lembi di pelle di un corpo elastico fossero tirati verso l’interno o verso l’esterno, determinando spanciamenti, rigonfiamenti e rientranze.

 

 

Il sistema di facciata seghettato, reagendo come un foglio di carta piegato e schiacciato o tirato, enfatizza la deformazione, grazie alla partitura verticale che si adatta alla nuova forma del volume. Si ottiene così un movimento della pelle tecnologica che dona dinamismo all’edificio e lo slancia verso l’alto. Inoltre, alcuni tagli, che sembrano riecheggiare le tele di Lucio Fontana, squarciano l’involucro e permettono di aprire ampie vetrate, in corrispondenza di punti eccezionali quali sale riunioni e spazi comuni.

 

 

Gli uffici della compagnia sono posizionati nei piani più alti, mentre quelli inferiori sono affittati a società esterne. Non ci soffermiamo troppo sugli spazi interni, che sono organizzati in modo convenzionale, disponendo un nucleo duro centrale circondato dagli spazi di lavoro. In corrispondenza dei pilastri sono inseriti piccoli moduli di servizio destinati ad alcuni uffici. L’impiego di materiali pregiati dona una spazialità sfarzosa ma pura, fatta di sequenze spaziali raramente interrotte, dove un bilanciato gioco di riflessi, ombre e trasparenze accompagna il visitatore dagli ambienti più interni fino alle vedute di uno skyline in costante trasformazione.

 

Un paesaggio di passaggio

Sebbene l’operazione di Big, in sostanza la progettazione delle facciate su di un volume determinato a priori, richiami interrogativi sul ruolo che l’architettura può avere in rapporto ai sistemi di potere, in questo caso sia politici sia economici, guardiamo con interesse a quest’opera per l’effetto urbano che genera. Siamo in un distretto finanziario concepito come somma di singolarità incasellate su di una griglia intensamente infrastrutturata. Il progetto appare come l’esito di uno scontro tra la scarsa libertà di manovra, dettata delle restrizioni a monte, e la volontà di realizzare un nuovo landmark.

 

big shenzhen vista
Vista dalla strada
big shenzhen sezione
Sezione longitudinale

 

Questa condizione accomuna anche gli edifici vicini, che nel tentativo di raccontare la propria eccezionalità, finiscono per determinare un panorama eterogeneo e indifferente. La «lobotomia» raccontata da Rem Koolhaas nel saggio Delirious New York, proprio negli anni in cui era programmato il destino di Shenzhen, qui appare esasperata e non lascia spazio alla costruzione di rapporti di necessità sia tra interno ed esterno che tra esterno ed esterno. Nell’impossibilità di trovare elementi del contesto con cui costruire relazioni spaziali, che si traduce nell’accettazione del sistema-edificio come organismo autonomo, sono gli aspetti climatici e l’impatto visivo a dettare il modus operandi.

 

Eleganza riconoscibile

Da questo punto di vista, nella sua semplicità, la seghettatura dell’involucro appare una soluzione convincente, che qualifica l’edificio sia come oggetto indipendente che come sistema urbano. Infatti, da una parte, essa dona un’eleganza non riconoscibile negli edifici limitrofi, facendone il vero tratto distintivo. Dall’altra, la partitura verticale favorisce la lettura di un nuovo paesaggio urbano composto dalla sequenza dei tre volumi leggibili come una composizione piuttosto che come un’addizione, fatto che rappresenta una tappa significativa nello sviluppo metropolitano di Shenzhen.

 

LA SCHEDA

Shenzhen Energy Headquarters
Committente: Shenzhen Energy Company
Progetto: Bjarke Ingels Group (vincitore concorso ad inviti)
Consulenti: ARUP, Transsolar, Front
Date: concorso 2009, inizio costruzione 2012, apertura 2018
Utilizzo: Commerciale
Area : 96.000 mq
Altezza: 220 m, 120 m, 34 m
Fotografie: Chao Zhang

(Gerardo Semprebon)

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