Milano Photo Week, una città in attesa aperta a funzioni inattese

Per fare una città c’è bisogno di una chiesa, un teatro, una scuola, un hangar, la fabbrica, il fisco… Un catalogo tipologico di elementi, che può raccontare anche una città in pausa, dimenticata. Una città ideale basata sui luoghi non più utilizzati, in attesa di essere conosciuti, per essere riscoperti e infine, chissà, riportati alla vita. Giovanni Hänninen, in occasione della Milano Photo Week, mette in mostra 57 fotografie di una Milano in abbandono, anche se lui non ama questo termine, perché i punti nodali fotografati raccolgono sì l’idea di non utilizzo, ma intorno ce ne sono moti altri che si aggregano a questi per formare una storia. Non gli piace usare la parola abbandono perché sembra che indichi un vuoto, mentre molti luoghi, diventati non-luoghi, riscoprono una storia segnante e intraprendono una vita-altra, diversa rispetto a quella che per loro era stata pensata, ma altrettanto rappresentativa.

 

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La mostra “Città in attesa” del fotografo Giovanni Hänninen presso lo studio di architettura di Piuarch
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Giovanni Hänninen, ingegnere spaziale e fotografo, che spiega il suo progetto su Milano

 

La prima fotografia è la torre Galfa. Con i suoi 109 metri per 31 piani, è il nono edificio più alto della città. Terminata nel 1959, diventa sede della Banca Popolare di Milano per trent’anni, per poi essere acquistata nel 2006 dal gruppo Ligresti che la lascia inutilizzata. Macao, movimento artistico-sociale, la occupa per dieci giorni nel 2012, anno in cui viene venduta a Unipol che nel 2014 presenta insieme al Comune un drastico progetto di riqualificazione in via di conclusione: la Torre ospiterà residenze e uffici a uso temporaneo, un hotel e un ristorante. Questa è una delle tante storie che ha raccontato Giovanni Hänninen nel progetto fotografico Città in attesa 2018 per la Milano Photo Week, insieme a Alberto Moretti che si è occupato della ricerca storica e della scrittura delle didascalie delle fotografie.

Incuria, fallimenti, ragioni economiche, motivi politici, progetti abortiti ancora prima di essere compiuti. Sono molteplici le cause che hanno reso questi edifici invisibili e, spesso, rifugio degli “invisibili”. Luoghi che non chiedono di rimanere uguali a loro stessi, ma che sono pronti a trasformarsi adeguandosi a nuove funzioni. Il progetto di Giovanni Hänninen deriva dalla visione del maestro Gabriele Basilico, che a sua volta si rifaceva all’America: le codificazioni estetico-teoriche per chi si occupa di fotografia di territorio e architettura risalgono ancora agli anni 30, nello specifico a Walker Evans, che proponeva fotografie oggettive, con l’obbiettivo posto di fronte all’oggetto e con un atteggiamento equo e equanime che si misura con il territorio e lo rispetta, evitando equilibrismi estetici.

 

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Mappa delle foto scattate a Milano per il progetto “Città in attesa” di Giovanni Hänninen

 

Milano sta approfittando, complice Expo 2015, di idee che la stanno portando ad avere una significatività economico-architettonica importante in Europa e nel mondo. Il Pgt per Milano 2030 ragiona su una scala ampia: tocca i temi dei trasporti attraverso i progetti della M4, della circle line – l’anello ferroviario intorno alla città – e dello snodo strategico degli scali ferroviari, che per posizione e dimensione raggiunge una scala regionale e nazionale. Lo stesso terreno di Expo diventerà sede del parco della scienza, con grandi sviluppi immobiliari che stanno crescendo intorno alla sua zona. Infine, il tema dei navigli e della gestione delle acque è all’ordine del giorno. Insomma, Milano è veramente una città piena di luoghi in attesa, e forse nei prossimi 10-15 anni la Milano attesa si manifesterà e riuscirà a reinventarsi.

 

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Le vecchie Officine Caproni, ora nuovo quartier generale di Gucci, firmato dallo studio di architettura Piuarch
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La vecchia stazione di servizio Agip, ora Garage Italia

 

Dei 57 casi fotografati nella mostra Città in attesa 2018, solo pochi sono veramente cambiati: è il caso della stazione di servizio Agip diventata Garage Italia o delle Officine Caproni diventate il nuovo quartier generale di Gucci, firmato dallo studio di architettura Piuarch. Molti invece sono diventati cantieri, come la torre Galfa. “Qua ci andavo a giocare con mia mamma”, “Lì mio papà lavorava”, “Qui ci passavamo in bicicletta”: è bello che questa componente di memoria storica, non ricordata nei libri, venga preservata e mantenuta attraverso la fotografia di una Milano che si sta lanciando verso una nuova epoca.

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